Il piacere della musica e cosa fa il cervello che ascolta
Natura, evoluzione e cultura nell’ascolto della musica
La musica è presente in tutte le culture fin dalla preistoria, ma ancora non è chiaro quale sia l’origine della gratificazione che proviamo ascoltandola.
Studi recenti mostrano che l'effetto emotivo della musica attiverebbe meccanismi di aspettativa e di anticipazione di uno stimolo desiderabile, mediati dal neurotrasmettitore dopamina. Nel caso di un brano già familiare, il meccanismo dell’aspettativa sarebbe evocato dall'anticipazione mentale dei passaggi più godibili.
La letteratura neuropsicologica presenta casi di danno selettivo nei compiti di percezione dei vari aspetti del suono: si deduce che i diversi elementi sonoro-musicali siano elaborati da strutture cerebrali differenti.
Pazienti con danno cerebrale dimostrano che la capacità musicale può essere selettivamente danneggiata (o risparmiata).
L’amusia, per esempio, è l’incapacità di riconoscere i suoni musicali pur mantenendo la capacità di riconoscere altri stimoli uditivi (quali il linguaggio verbale o i suoni ambientali).
Studi di neuroimaging confermano queste ipotesi.
La contrapposizione di Apollo e Marsia
Apollo ha regalato agli uomini la musica, elegante, equilibrata, sofisticata, apollinea in una parola. Il mito ci racconta come andò. Non fu una cosa del tutto innocua per uno dei due contendenti.
Marsia, il satiro dalle gambe di capra, aveva trovato nel bosco, per terra, l’ aulos (uno strumento musicale a fiato, a due canne). Lui ne era ignaro, ma lo aveva scaraventato a terra Minerva, inorridita di come la sua faccia si deformasse quando usava lo strumento.
Marsia tuttavia si innamorò dell' aulos e della musica che ne usciva, a tal punto che si sentì in grado di sfidare gli dei, e in particolare Apollo con la sua lira, uno strumento assai avanzato per l’epoca, che poteva addirittura generare suoni diversi sulla stessa corda.
La sfida fu incerta all’ inizio e il primo confronto finì in parità. Apollo vinse alla seconda a prova perché sfidò il satiro a fare come lui, cioè a cantare e suonare contemporaneamente. Cosa ovviamente impossibile per Marsia.
La cosa poteva finire lì, con l’ennesima corona d’ alloro per il nostro dio elegante e sofisticato cacciatore di ninfe.
Invece Apollo lo legò ad un albero e lo spellò vivo, nonostante le struggenti e disperate richieste di pietà da parte di Marsia.
Questo splendido racconto, con la sua fine spietata, ha tanto colpito la fantasia dei pittori del Rinascimento, che l’ hanno riprodotto più volte, a partire da Raffaello fino a Tiziano.
IN realtà, esistono due versioni del mito. Quella appena raccontata, del VI sec. A.C. , e una posteriore molto più tranquilla, che fu resa celebre da Ovidio nelle Metamorfosi.
La gara in questo caso fu tra Apollo e il satiro Pan, che suonava la syrinx, uno strumento a fiato con canne scalari, noto anche come flauto di Pan. Anche questa volta vinse Apollo, per il suono più armonioso ed elaborato del suo strumento, ma il satiro non fu punito. Venne invece punito il giudice della gara che aveva preferito Pan a Febo, cioè il povero re Mida, a cui cresceranno le orecchie d’ asino.
Insomma si passa dalla epica e dalla tragedia alla commedia umana.
Molti storici si sono chiesti il perché della fine impietosa di Marsia, nel mito più antico. Poiché non c’è una risposta certa, si possono anche suggerire interpretazioni.
La trasformazione di mentalità e cultura che è rappresentata nel primo mito è un sovvertimento epocale, e come ogni sovvertimento vuole le sue vittime (almeno simboliche). In un certo senso, la vittoria di Apollo su Marsia non è solo la vittoria di una civiltà su un’ altra, ma quasi pretende di essere anche il trionfo della umanità sulla natura.
In fondo cos’era quello strumento a due canne, che Marsia aveva raccattato per terra nel bosco? Gli era arrivato in mano non per tecnica e intelligenza ma solo per caso e fortuna, come i frutti dagli alberi nella civiltà dei cacciatori/raccoglitori.
E come si mette insieme l’ apollineo con la spietatezza e la crudeltà?
Se ci avviciniamo al racconto con semplicità di sguardo, ci accorgiamo che stiamo assistendo a una pratica, quella di scuoiare le prede degli antichi cacciatori, prima di mangiarle, o per ricavarne vesti. Ma la pratica valeva anche in battaglia, dove gli antichi guerrieri scuoiavano i nemici vinti per spregio e per farsene un trofeo, se non per mangiarli o ricavare indumenti dalla loro pelle.
Usando questa ferocia, e strappando la pelle della sua
vittima, Apollo, rivela quanto anche lui condivida con il mondo da
cui proviene la sua vittima, il mondo steso della natura, della passione, della
forza incontrollata.
L'arte sublima le passioni e la energia profonda, ma non potrebbe esistere in
assenza di esse. Sarebbe vuoto fantasma o vuota pelle.
Questa interpretazione può anche spiegare il fascino che questa storia, e in
particolare ll' atto feroce di Apollo, esercitava sugli artisti del
Rinascimento. La loro bellezza e armonia formale parlava di forza e
passione, celebrava l' umanità nella sua pienezza.
Insomma, nel racconto di questa prima versione del mito, non si assiste ad uno spettacolo innocuo, ad un gioco , ma ad una vero cambiamento epocale, con i suoi progressi e le sue vittime , come dicevamo.
Tutt’altra cosa è la più tardiva versione del mito, almeno nel racconto di Ovidio. In questo caso, la contesa è tra la tecnica, la bravura, la raffinatezza dell’ arte musicale, e non succede niente a chi perde, ma semmai il bersaglio della satira è il presunzione dell' autorità, qui rappresentata dallo sciocco re Mida, che vuole emetter giudizi, senza capire l'evolvere della sensibilità artistica e il progresso della musica, e si rivela così incompetente nel suo giudizio che preferisce Pan ad Apollo. Il re Mida dunque, che non ha buon orecchio né cultura musicale, avrà le orecchi d' asino.
In questo caso, nel bersaglio del poeta ci sono i critici, che pretendono di giudicare senza avere la sensibilità e la cultura necessaria. Questo mito è una commedia che si riferisce all’ evoluzione del gusto e dell’ arte, non allo scontro epocale tra civiltà profondamente diverse, o addirittura al drammatico emergere della umanità dalla natura, temi invece all’ origine del mito più antico.
Ed è proprio per questo che Johann Sebastian Bach nel 1729 riprenderà questa seconda versione del mito, nel suo Combattimento tra Febo e Pan, Dramma per Musica, cantata BWV 201, e lo riproporrà per anni, fino al 1749, poco prima della sua morte, in aperta polemica con i suoi critici, come il Rettore del liceo di Freiberg, Johann Gottlob Biedermann, che nel maggio del 1749 pubblicò un libro violentemente critico nei confronti dei musicisti, della musica e del suo ruolo nell'educazione dei giovani, e come il primo ministro di Sassonia, conte Heinrich von Brühl, che architettò per nominare il successore di Bach nella sua cappella privata, mentre il musicista, malato, era ancor in vita.
Documentazione
Davide Daolmi Storia della Musica Dalle Origini al Seicento Le Monnier 2019
https://www.flaminioonline.it/Guide/Bach/Bach-Cantata201.html