Dalle vibrazioni dell' aria all' esperienza uditiva

FIG. 1 Le vie uditive. Dall' orecchio alla corteccia cerebrale
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Dalle vibrazioni dell’aria all’esperienza uditiva.

I suoni sono l’esperienza che il cervello crea a partire dalle vibrazioni dell’aria che arrivano all’orecchio

 

Contenuto

Þ     L’ orecchio interno e il sistema nervoso centrale uditivo

Þ     La sensibilità tattile vibratoria e la percezione dei suoni

Þ     Evoluzione e udito

Þ     La musicalità nella comunicazione pre-verbale 

Þ     Amusia

Þ     Il ritmo e la malattia di Parkinson

Þ     L’ esperienza cosciente, funzione delle strutture biologiche complesse (e frutto dall’evoluzione della specie), si mette a punto in ogni individuo attraverso le sue esperienze precoci di contatto con il mondo esterno

Þ     Plasticità sinaptica e creatività

 

I crediti per le figure sono riportati nelle note a piè di pagina

 


L’ orecchio interno e il sistema nervoso centrale uditivo

 

Noi viviamo in un mondo di vibrazioni. E abbiamo sviluppato durante l’evoluzione una complessa struttura, la cui funzione è la percezione ed elaborazione delle vibrazioni dell’aria. Non tutte per la verità, ma solo quelle in un definito range di frequenze tra 20 e 20.000 Hz, con la massima sensibilità per le frequenze tra 1.000 e 4.000Hz.

Inoltre, sappiamo che le intensità del suono percepito presentano un incremento costante ogni volta che l’ampiezza dello stimolo sonoro aumenta di 10 volte (scala logaritmica in base 10; legge di Weber Fechner).

La struttura dedicata è costituita da un organo di senso, l’orecchio, le vie nervose, che da esso si portano nel sistema nervoso centrale, le aree uditive primarie dove queste vie nervose arrivano, le connessioni di queste aree percettive primarie con altre strutture del sistema nervoso centrale, e, attraverso queste di nuovo con tutto il nostro corpo, e con il mondo esterno stesso.  

L’orecchio e le aree uditive primarie della corteccia cerebrale sono il segmento specifico ed essenziale di questa struttura funzionale, che in realtà finisce per coinvolgere tutta la persona e il suo mondo (FIG 1)[1]

Senza questa struttura specifica un canale di connessione del soggetto al mondo esterno, quello delle connessioni sonore, sarebbe precluso.

Cercheremo di raccontare più da vicino questi fenomeni, con un’attenzione anche alle implicazioni su un tema più vasto che è quello dell’esperienza cosciente, in questo caso a partire dall’ esperienza uditiva.

Perché tanto interesse per cogliere le vibrazioni dell’aria intorno a noi? La risposta a questa domanda è piuttosto intuitiva. Supponete di addentrarvi in un bosco o in una prateria, o in una caverna, o nelle viuzze in penombra di un sobborgo. In un luogo sconosciuto, diciamo. Sicuramente il vostro orecchio sarà attento a non perdere ogni minimo fruscio, ogni rumore, ogni alito che possa rivelare la presenza di qualcuno o di qualcosa, di cui temere o di cui gioire…dalle tre direzioni dello spazio, e anche nel tempo che scorre lentamente mentre voi camminate guardinghi o spavaldi a seconda delle circostanze. Per gli esseri umani è un grande vantaggio evolutivo avere questa capacità.

La intensità delle percezioni sensoriali nel nostro cervello (di qualsiasi modalità) sono rapportate su una scala di tipo logaritmico rispetto alla ampiezza dello stimolo. Questa particolarità dei nostri sensi ci permette di fare molte cose. La risposta logaritmica della nostra vista ad un segnale

luminoso ci permette di vedere le stelle in una notte buia e di non rimanere abbagliati da un paesaggio illuminato dal Sole in pieno giorno. La risposta logaritmica dell’udito ci permette di ascoltare il fruscio delle foglie in una giornata di leggera brezza ma anche di sentire senza danni il rombo di un aereo che decolla. [2] 

Possiamo seguire il percorso che fa il segnale generato dalla vibrazione dell’aria che arriva al nostro orecchio, fino alla corteccia cerebrale, come è raccontato in Principles of Neural Science di E.K. Kandel e al. 2013

L’udito comincia con la cattura dell’energia del suono da parte dell’orecchio.

Le vibrazioni del timpano sono trasferite alla coclea attraverso la catena degli ossicini, che occupa la cavità dell’orecchio medio[3], riempita di aria che arriva dalla gola, attraverso la tuba di Eustachio.

L’ apparato idrodinamico e meccanico della coclea[4] porta lo stimolo meccanico alle cellule recettoriali (cellule ciliate interne dell’Organo del Corti).

1.     L’ energia meccanica del suono è amplificata nella coclea


 



[1] Di Jonathan E. Peelle - https://osf.io/u2gxc/, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=92981531)


[2] Ci sono alcune sensazioni, come quella del salato o quella di una scossa elettrica applicata alle dita, che presentano curve intensità stimolo/percezione non appiattite, ma piuttosto espansive.

[3]By Lars Chittka; Axel Brockmann - Perception Space—The Final Frontier, A PLoS Biology Vol. 3, No. 4, e137 doi:10.1371/journal.pbio.0030137 (Fig. 1A/Large version), vectorised by Inductiveload, CC BY 2.5, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5957984

[4] By !Original: OarihVector: Fred the Oyster - Own work based on: Cochlea-crosssection.png, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=9851471

2.     Noi percepiamo incrementi di intensità analoghi ogni incrementi di 10 volte dell’ampiezza fisica dello stimolo sonoro (il rapporto tra ampiezza dello stimolo sonoro e intensità della percezione è su scala logaritmica in base 10; in altra parole 1, 10, 100, 1000 di ampiezza di stimolo corrispondono a 0,1,2,3 di intensità percepita)

3.     La membrana basilare, nell’ Organo del Corti, è un analizzatore meccanico della frequenza del suono, e nel suo insieme l’Organo del Corti è la sede della trasduzione elettro-meccanica.

Le cellule ciliate interne trasformano l’energia meccanica in segnali neurali

La deflessione delle ciglia inizia la trasduzione meccano-elettrica: la forza meccanica direttamente apre i canali di trasduzione e il processo di trasduzione meccano-elettrica si completa rapidamente, con l’eccitazione di una specifica cellula ciliata.

Le cellule ciliate interne si adattano per stimolazioni sostenute.

Ciascuna di esse è sintonizzata (cioè ha la risposta massima) su specifiche frequenze di stimolo.

Inoltre, l’eccitabilità di ogni cellula ciliata interna può essere modulata da fibre nervose efferenti, che possono iperpolarizzarla o depolarizzarla. Il neurotrasmettitore rilasciato da queste fibre efferenti alle sinapsi con le cellule ciliate è l’acetilcolina, ma anche il CGRP (peptide relato al gene della calcitonina) può essere (co)-rilasciato con l’acetilcolina.

Anche i neuroni bipolari del ganglio spirale del nervo cocleare prendono contatto le cellule ciliate interne, così che l’informazione può, attraverso questi neuroni, prendere la via del nervo vestibolo-cocleare verso il sistema nervoso centrale. Ciascun assone prende contatto con una sola cellula ciliata interna, ma ciascuna cellula dirige il suo output a almeno 10 cellule nervose. Il che vuol dire che l’informazione (tonalità specifica) di ciascuna cellula ciliata viene mantenuta, viaggiando verso il sistema nervoso centrale, ma potrà comunque essere elaborata lungo diverse vie parallele.

Molti tipi di informazioni sono presenti nei suoni.

Le fibre del nervo cocleare codificano la frequenza ed intensità dello stimolo. La frequenza è codificata nelle fibre del nervo perché queste riproducono la struttura tonotopica delle cellule ciliate a cui si connettono.

Il nervo cocleare impone una organizzazione tonotopica al nucleo cocleare, suo terminale all’ interno del bulbo dell’encefalo.

La rappresentazione centrale dei suoni comincia nel nucleo cocleare, da cui l’informazione acustica si distribuisce in vie che decorrono parallele, evidentemente per elaborazioni distinte dello stesso segnale primario.

Il nucleo cocleare ventrale estrae informazione circa la struttura temporale e spettrale dei suoni. Le cellule nervose del nucleo cocleare ventrale son di tipi diversi, le cellule stellate ricevono input da poche cellule ciliate della coclea e mantengono strettamente la correlazione tonale con quelle, contribuendo a elaborare l’intensità del segnale per singola frequenza. Le cellule cespuglio rispondono a input provenienti da una più ampia area della coclea e contribuiscono alla elaborazione spaziale del suono. Le cellule octopus ricevono input da molte fibre afferenti e quindi da vaste aree della coclea ed elaborano parametri come l’intensità e le rapide variazioni temporali dei suoni.

Il nucleo cocleare dorsale integra l’informazione acustica con quella somato-sensoriale usando l’informazione proveniente dalle due orecchie e dai due lati del corpo, per la localizzazione dei suoni. L’ input tonotopico è elaborato in relazione ad altri input di tipo somestesico, che provengono dalla testa e dal collo, oltre che ad input efferenti provenienti da strutture cerebrali sovrastanti. Si avrebbe insomma un confronto frequenza-specifico tra il delay avvertito nei segnali provenienti dalle due orecchie, per elaborare informazioni riguardanti la provenienza esterna del suono, al netto dell’effetto dovuto alla postura e ai movimenti della testa e del collo. Queste strutture e funzioni del nucleo cocleare dorsale sono presenti solo nei mammiferi

Il complesso olivare superiore dei mammiferi contiene circuiti separati per analizzare l’intervallo di tempo che separa la percezione dello stimolo da parte delle due orecchie e per analizzarne le differenze di intensità.

L’ Oliva superiore mediale genera una mappa degli intervalli di tempo inter-aurali.

L’ Oliva superiore laterale analizza le differenze di intensità inter-aurali.

Dall’ Oliva superiore i segnali convergono ad altre strutture del tronco come il collicolo inferiore e il collicolo superiore, nel mesencefalo. Il collicolo superiore è una struttura di integrazione centrale del movimento di orientamento della testa e del collo verso uno stimolo sonoro. A questo livello si elabora anche la posizione dello stimolo sonoro lungo l’asse verticale dello spazio (e non solo sul piano orizzontale, come avveniva ai livelli più bassi di integrazione, dove si analizzava la differenza dei tempi inter-aurali), e si sovrappongono le due mappe dello spazio, quella visiva e quella uditiva.

Segnali efferenti dal complesso Olivare superiore forniscono feedback alla Coclea.

Queste strutture nervose mesencefaliche sono sensitive all’ esperienza nelle età precoci della vita, nei mammiferi e negli uccelli.

Se in età precoci si mettono dei prismi agli occhi di una civetta, così da alterare la sua mappa visiva rispetto a quella uditiva, il movimento di orientamento della testa agli stimoli uditivi e a quelli visivi non collima più.  I segnali uditivi e visivi daranno informazioni discordanti sulla posizione dell’oggetto. L’ orientamento della testa verso lo stimolo visivo guarderà nella direzione della falsa immagine creata dal prisma. Dopo diverse settimane, l’animale avrà allineato di nuovo le due mappe, spostando quella uditiva su quella visiva (falsa). Se si rimuovono i prismi, di nuovo la mappa visiva e quella uditiva si disallineano, almeno per un certo tempo.

Il collicolo inferiore trasmette l’informazione uditiva alla corteccia cerebrale   tramite il corpo genicolato mediale (attraverso una via principale, lemniscale, ed una meno definita extralemniscale).

Una seconda via che proviene dal collicolo inferiore coinvolge la corteccia cerebrale nel controllo dello sguardo.

 

FIG.2 Orecchio esterno, medio e interno Le tre cavità dell' orecchio
FIG. 3 La Coclea L'organo del Corti con le cellule ciliate nella coclea dell' orecchio interno

FIG. 4 Le corteccia cerebrale uditiva primaria A1 La superficie supero-mediale del lobo temporale A1 e la sua connettività dorsale e ventrale.

Fig. 4  Generalized scheme for the organization of sensory systems in the cerebral cortex
A:
Auditory and visual processing pathways are shown superimposed on the left surface of a macaque brain (ventral streams in green; dorsal streams in red) (adapted from (Rauschecker & Scott, 2009)). B: Block diagram of information flow for sensorimotor integration and control (after Grush, 2004). Different parts of the internal model are hypothetically assigned to different parts of the cerebral cortex. [5]


La corteccia uditiva mappa numerosi aspetti del suono. La corteccia uditiva include multiple aree sulla superficie dorsale del lobo temporale, e anche medialmente alla scissura del Silvio (giro di Heschl). La principale proiezione di fibre afferenti che arriva a questa regione della corteccia proviene dalla divisione ventrale del nucleo genicolato mediale e prende contatto con l’area uditiva primaria, A1 o 41 di Brodmann. A questo livello è presente una distribuzione tonotopica delle afferenze corticali, con le frequenze basse anteriormente e quelle alte posteriormente, che rispecchia la distribuzione tonotopica delle cellule ciliate interne della coclea.

I neuroni in A1 ricevono informazioni controlaterali ma anche omolaterali.

I circuiti uditivi nella corteccia cerebrale sono segregati in percorsi e flussi di segnale separati.

L’ informazione uditiva è elaborata (in serie e in parallelo) in molteplici aree corticali, circostanti le aree primarie. Studi funzionali hanno mostrato che l’area A1 risponde a toni puri, mentre suoni più complessi, correlati a una stretta banda di frequenze, sono avvertiti meglio nelle aree circostanti. Anche il riconoscimento delle sequenze musicali, delle strutture armoniche, delle melodie e la loro anticipazione comincia ad essere elaborato nelle aree uditive circostanti l’area primaria e poi si completa in circuiti più complessi che coinvolgono altre aree percettive (multimodalità), associative e anche motorie di entrambi gli emisferi.

 Dalle aree primarie l’informazione fluisce nelle aree circostanti (belt), e da qui ancora in altre aree del lobo temporale (che cosa significa il suono) oppure sulle aree parietali posteriori (collocazione del suono nello spazio). Infine, tutto questo converge nella corteccia prefrontale.

Mentre la percezione della tonalità vede il contributo prevalente delle aree corticali dorsali del lobo temporale destro, la percezione del ritmo richiede una più stretta collaborazione dei due emisferi, nonché un collegamento anche stretto con le aree motorie e premotorie, compreso l’area motoria supplementare (anticipazione)

 Si pensa che l’anticipazione del ritmo si basi su un processo che simula un’azione (action-like) che consiste in attività neurale con precisi pattern ritmici nell’ area motoria supplementare, a loro volta orchestrati e diretti da attività nello striato dorsale.

L’ acquisizione di una abilità (ad es musicale, ad ascoltare o a suonare musica) si associa a molta maggiore attivazione coordinata di differenti aree cerebrali rispetto a chi quella abilità non ha (esperti vs non – esperti)[6]. Questa maggior attivazione sincrona nella stessa prova è probabilmente indice di un reclutamento immediato di più risorse e quindi di una maggiore efficacia, profondità e globalità dell’impegno personale nella prova, nell’ esecuzione o nell’ ascolto. Non è detto tuttavia che la ampia sincronizzazione sia in sé la funzionalità sufficiente per la creatività, che potrebbe invece richiedere profondità ed ampiezza di connessioni, ma anche una relativa plasticità e flessibilità delle stesse.

La corteccia cerebrale modula il funzionamento delle aree uditive sottocorticali [7].

Un lavoro mostra che ascoltare o immaginare/rievocare musica attiva le stesse aree (indipendentemente se si tratti di soggetti esperti o no).

L’ esecuzione del pezzo musicale impegna ovviamente circuiti diversi, anche motori.

L’ impegno e lo sforzo che le persone devono mettere ad es. per suonare una musica semplice o un pezzo difficile correla, secondo questo lavoro, con l’attività nella parte superiore del Locus Coerules-noradrenergico (questa affermazione è d’ interesse, ma necessita di conferme, e anche pone problemi di interpretazione, visto che il locus coeruleus ha un ruolo nel controllo motorio, durante il sonno REM, e quindi nella costruzione di un’esperienza immaginaria interna, sganciata dall’ azione)[8]

La figura 5 ci mostra quello che succede nel cervello di persone esperte (pianisti). In A osserviamo che si attivano gli stessi circuiti sia che i soggetti esaminati o una melodia sia che la rievocassero  nella loro mente. In B si osserva che si attivano gli stessi circuiti anche se si immagina di suonare una melodia, oppure la si suona davvero.

[5]  Review Eur J Neurosci2015 Mar;41(5):579-85. Auditory and visual cortex of primates: a comparison of two sensory systems Josef P Rauschecker  PMID: 25728177 PMCID: PMC4347938  DOI: 10.1111/ejn.12844 Free PMC article

[6] Neuroscience  2020 Oct 15;446:294-303     Differential Activation and Functional Plasticity of Multimodal Areas Associated with Acquired Musical Skill N Srinivasan 1, J Bishop 1, R Yekovich 2, D B Rosenfield 3, S A Helekar 4 PMID: 32818600DOI: 10.1016/j.neuroscience.2020.08.013

[7] Trends Cogn Sci  2021 Feb;25(2):137-150. How Beat Perception Co-opts Motor Neurophysiology Jonathan J Cannon , Aniruddh D Patel  PMID: 33353800 DOI: 10.1016/j.tics.2020.11.002

[8] Front Hum Neurosci 2020 Oct 15;14:576888. Mental Effort When Playing, Listening, and Imagining Music in One Pianist's Eyes and Brain Tor Endestad 1 2 3, Rolf Inge Godøy 2, Markus Handal Sneve 1, Thomas Hagen 1, Agata Bochynska 1 4, Bruno Laeng 1 2 PMID: 33192407 PMCID: PMC7593683 DOI: 10.3389/fnhum.2020.576888 Free PMC article 

FIG. 5 Il cervello del pianista al lavoro Immagini con la RM funzionale di un pianista che ascolta, immagina o suona un pezzo musicale
FIG.6 La integrazione dell' esperienza uditiva



La sensibilità tattile vibratoria e la percezione dei suoni


Le vibrazioni che colpiscono il nostro corpo sono catturate ed elaborate anche da un’altra via sensoriale, quella del tatto, e in particolare dai recettori del Pacini per la vibrazione (fino a 500Hz) che si trovano nella cute. Ci sono osservazioni che la percezione della musica attraverso questa via potrebbe aiutare musicisti che sono o sono diventati sordi[9]. Un esempio potrebbe essere Evelyn Glennie, che, rimasta sorda in tenera età a causa di un progressivo danneggiamento del nervo acustico, riesce comunque a sentire la musica, osservando e percependone le vibrazioni. Al momento, è una delle poche percussioniste che siano riuscite a intraprendere una carriera solistica, in queste condizioni.

La danza è una performance motoria; in questo caso le posizioni del corpo nello spazio e i ritmi sono scanditi a livello del sistema nervoso centrale ed implicano l’intervento della corteccia motoria/premotoria e dei nuclei della base, oltre che dei circuiti specifici di percezione/anticipazione del ritmo.

I primi ritmi che conosciamo sono la pulsatilità del corpo, il battito cardiaco, il passo, il ritmo luce buio.  Molte donne, durante la gravidanza, raccontano che il loro bambino se ne sta immobile quando la mamma è in movimento, o si agita, quando la mamma si ferma.  

E’ possibile, visto che le vibrazioni dell’aria sul corpo, e i ritmi interni sono percepiti anche da altre vie nervose, distinte da quella uditiva, che la danza possa essere performata anche in un soggetto sordo profondo dalla nascita, seppure non nella pienezza delle sue manifestazioni.

Anche nelle persone inesperte, al sentire di un ritmo, scatta comunque un movimento ritmico, come succede ai bambini, che ancora a malapena stanno in piedi, quando sono davanti ad un televisore che trasmette musica. Il ritmo è sicuramente percepito e elaborato anche dal sistema visivo.  Molti tipi di percezione sensoriale, insomma, attivano immediatamente, l’area motoria/premotoria/area motoria supplementare, il che anticipa, progetta e attiva il movimento. E’ possibile che questo possa accadere anche a livello di automatismi trascinati dai nuclei della base o comunque da centri sottocorticali.

Successivamente si impara a inibire queste manifestazioni motorie, ma si conserva comunque un‘ immagine interna (mentale; immaginazione) del movimento ritmico o della danza stessa. Le stesse aree motorie si attivano al semplice immaginare il movimento, anche se questo non viene messo in atto, come d’altra parte succede nel sistema dei neuroni specchio, che attivano internamente a noi l’ immagine di un movimento, di un’espressione mimica vista in un soggetto esterno. Anche in questo caso ne può conseguire la imitazione meccanica (ad es nel neonato) o consapevole (ad es nel farsi il verso tra amici o in caso di artisti che fanno imitazioni). Oppure ne può conseguire soltanto una migliore comprensione interiore di ciò che l’altro sta facendo o provando (“empatia”).  

E’ probabile che anche le vibrazioni percepite a livello cutaneo possano sostenere questo legame stretto da suoni, ritmi, musica e ballo, o comunque ritmicità corporea. Ci sono strette interconnessioni tra aree uditive primarie e aree parietali e motorie. L’ interazione tra sistema somestesico/motorio e uditivo comincia già a livello del tronco, dove sembra finalizzato sopratutto ai movimenti di orientamento del capo e del collo verso uno stimolo sonoro e alla costruzione di mappe spaziali per individuare la provenienza e la distanza dei suoni.

 


Evoluzione e udito


I suoni ci comunicano emozioni, sorpresa, pericolo. Danno significato, tonalità, a ciò che accade intorno a noi, e che il suono porta all’ interno della nostra esperienza. I suoni significativi ci informano sulla struttura e natura dello spazio in cui essi originano, e analogamente la musica crea con le sue variazioni la percezione di uno spazio vero e proprio. Si può provare, ascoltando la musica, la stessa emozione che si ha guardando l’aprirsi di un vasto orizzonte, appena arrivati in cima ad una collina, oppure quella che si ha quando si apre davanti ai nostri occhi l’intrico delle stradine di un vecchio borgo. Tutto questo Proust lo fa dire a Swann, che sta raccontando, raccontando un passaggio musicale del concerto che sta ascoltando[10]:

Dapprima il pianoforte si lamentò solitario, come un uccello abbandonato dalla compagna; il violino lo sentì, gli rispose come da un albero vicino.

Come fa il nostro corpo (e insieme la nostra mente) ad essere così immediatamente coinvolta nell’ esperienza musicale? Cosa succede in noi, e nel nostro cervello?

I circuiti cognitivi che elaborano le informazioni contenute nei segnali che arrivano al sistema nervoso centrale, stringono anche strette connessioni con i circuiti del reward, del piacere [11]. E’ anche questa una conferma dell’importanza data dall’ evoluzione all’ analisi ed elaborazione dei segnali che ci arrivano dal mondo esterno, e che noi decodifichiamo in base alla loro significatività per noi stessi, e quindi anche al loro contenuto di piacevolezza, insomma alla promessa di una ricompensa piacevole.

L’ ascolto della musica è tracciabile con il neuroimaging (RM funzionale) in termini di circuiti tra la corteccia uditiva, il sistema del reward nel tronco cerebrale e le regioni cerebrali attive nel DMN (Default mode network o Wandering brain[12]).


[9] PLoS One 2016 May 18;11(5):e0155807. Vibrotactile Presentation of Musical Notes to the Glabrous Skin for Adults with Normal Hearing or a Hearing Impairment: Thresholds, Dynamic Range and High-Frequency Perception Carl Hopkins 1, Saúl Maté-Cid 1, Robert Fulford 2, Gary Seiffert 1, Jane Ginsborg 2 PMID: 27191400 PMCID: PMC4871541 DOI: 10.1371/journal.pone.0155807 Free PMC article

[10] https://lartedeipazzi.blog/2019/08/17/proust-la-piccola-frase/

[11] Science 2013 Apr 12;340(6129):216-9.. Interactions between the nucleus accumbens and auditory cortices predict music reward value Valorie N Salimpoor 1, Iris van den Bosch, Natasa Kovacevic, Anthony Randal McIntosh, Alain Dagher, PMID: 23580531 DOI: 10.1126/science.1231059 Free article

[12] Brain Sci 2018 Jun 12;8(6):107 Brain Connectivity Networks and the Aesthetic Experience of Music Mark Reybrouck  Peter Vuust  Elvira Brattico   PMCID: PMC6025331 DOI: 10.3390/brainsci8060107 Free PMC article



FIG. 7 Il piacere di ascoltare la musica Lo stato funzionale del cervello cambia quando si ascolta musica che ci piace.
FIG. 8 I centri del piacere si attivano durante l' ascolto di musica che ci piace (immagini di RM funzionale)

Ad es. in quest’ultimo circuito, la connessione tra   regioni cerebrali tipicamente attive nella condizione di veglia rilassata, non focalizzata, era forte quando la persona ascolta musica che gli piace, mentre questa connessione si decompone quando ascolta musica che non gli piace (Fig.7 e 8).

 Strutture del sistema nervoso centrale ben definite presiedono anche all’ elaborazione complessa dei suoni (di una qualche forma di esperienza senziente, connessa a costrutti interni percettivi, motori e di piacere, nel senso ampio del termine?) anche negli animali.

E’ noto che i pipistrelli hanno aree corticali specializzate per aspetti dei suoni significativi per il comportamento.

L’ udito è cruciale per imparare il linguaggio, il canto e l’uso della voce negli umani e negli uccelli

Un normale comportamento vocale non può essere appreso nell’ isolamento, ed esiste un periodo critico per l’acquisizione del comportamento vocale. Sia gli umani che gli uccelli possiedono network specializzati per la vocalizzazione, e riconoscono in maniera più immediata e intensa le strutture del canto, del linguaggio o della voce più significative per loro (il proprio canto, il canto della propria specie). Gli uccelli riconoscono meglio le sequenze appropriate del loro canto piuttosto che sequenze distorte. E questo a livello di strutture neuronali e scarica di singoli neuroni. Insomma, esistono neuroni selettivi al canto, e al canto specie-specifico. Negli uccelli è stata descritta anche la attivazione dell’area pre-motoria con significato anticipatorio, quando un animale ascolta il canto, anticipa la sequenza e si predispone ad eseguirla, o immagina in un certo senso di eseguirla, coinvolgendo così l’attività dei neuroni della corteccia pre-motoria.

I neonati umani preferiscono certe strutture musicali, armoniche, rispetto alle stesse, presentate in maniera distorta[13].

Si racconta che Federico II (1194-1250), imperatore celebrato per il suo impegno nel promuovere gli studi e le università, abbia sottoposto consapevolmente per la prima volta dei bambini ad una completa deprivazione del linguaggio, per vedere se avrebbero comunque sviluppato la lingua materna. Né le madri né le nutrici dovevano parlare a questi bambini, ma furono proprio le nutrici che raccomandarono all’ imperatore di interrompere l’esperimento perché i bambini addirittura cessavano di crescere.

Federico II, seppure senza farsi tanti scrupoli, si stava ponendo una domanda che attraversa tutta la nostra storia: qual è il rapporto tra la natura (la biologia, l’evoluzione, diremmo oggi) e la cultura nel forgiare quello che siamo, che ognuno è (non solo e non tanto quello che la specie è).

 


La musicalità nella comunicazione pre-verbale


Il linguaggio verbale è una conquista eccezionale che ha fatto fare un balzo epocale nella costruzione delle società umane. Si pensa che sia avvenuta da meno di 100.000 anni. Prima del linguaggio strutturato, come lo conosciamo oggi, animali ed esseri umani comunicavano comunque attraverso vocalizzazioni, e erano in grado di modulare in qualche maniera tonalità, intensità e ritmo o sequenzialità della vocalizzazione stessa, ovviamente accompagnata a mimica e gestualità di accompagnamento, anch’essa probabilmente più o meno vistosa e ritmica.

E’ del tutto ragionevole anche pensare che prima del linguaggio articolato, gli esseri umani usassero strumenti, ad es a fiato (canne) e percussori (legno e pelli tese, pietre sonore) per potenziare la comunicazione sonora tra loro. In altre parole, una intensa, significativa comunicazione pre-verbale, con forte connotazioni musicali, ha accompagnato l’evoluzione dell’uomo per decine di migliaia di anni almeno prima della comparsa del linguaggio strutturato, che è stato possibile solo nei sapiens, in cui all’ evoluzione dell’esperienza cosciente si associarono anche alcune modifiche anatomiche dell’apparato fonatorio, a loro volta legate alla postura eretta[14][15].

Quando il linguaggio verbale si è affermato, la comunicazione prosodica e gestuale, emozionale, con vocalizzazioni e ritmi e la nascente musica vera e propria sono rimasti comunque una forma di comunicazione essenziale e ricercata in particolare per le cerimonie sacre e per il divertimento.

Il risultato è quello che vediamo oggi. A fianco del popolarissimo linguaggio parlato e scritto, si ricerca e si ama ancora la forza comunicativa della musica, del ritmo, della melodia, dell’intonazione, del timbro della voce. Insomma, la musicalità mantiene una enorme importanza nella comunicazione, riferendoci sia alla compresenza di linguaggio non verbale con il linguaggio verbale (intonazione, prosodia, ritmo, gesticolazione, accenti) sia alla musica vera e propria, che è capace di riunire e far sentire unite migliaia di persone ai concerti nelle piazze, e addirittura ne raggiunge centinaia di migliaia o milioni attraverso i media.

La potenza della comunicazione musicale si manifesta dunque in tutta la storia dell’uomo, non è un sottoprodotto culturale privo di scopo, come qualcuno ha detto, ma trova la sua ragione di essere nelle strategie comunicative pre-verbali selezionate dalla nostra evoluzione, e mai interamente sostituite dal linguaggio, che è stata una strategia in più a disposizione degli umani. Miti come lo scontro tra Apollo e Marzia riecheggiano questi antichi tempi evolutivi[16]

 C’ è un periodo nella vita di ognuno di noi in cui questa comunicazione pre-verbale è l’unica che abbiamo, ed è quello che va dalla nascita all’ acquisizione del linguaggio verbale appunto. E’ veramente sorprende come mamme, papà e caregivers in generale rivolgendosi e volendo comunicare con il piccolino riscoprano la musicalità dell’intonazione, dei vocalizzi, del ritmo, della mimica esagerata. Tutto piuttosto istintivo, tutto predisposto, nel piccolo e in noi, dall’ evoluzione,  e ereditato nelle nostre strutture cerebrali (ma sarebbe giusto dire corporee).

[13] Functional specializations for music processing in the human newborn brain. Perani D, Saccuman MC, Scifo P, Spada D, Andreolli G, Rovelli R, Baldoli C, Koelsch S.Proc Natl Acad Sci U S A. 2010 Mar 9;107(10):4758-63. doi: 10.1073/pnas.0909074107. Epub 2010 Feb 22.PMID: 20176953 Free PMC article. Clinical Trial.

[14] Yuval Noah Harari, Sapiens Da animali a dei Bompiani, 2019

[15] Davide Daolmi, Storia della Musicca, Le Monnier, 2019

[16] https://www.peopleandneuroscience.it/eventi/il-dono-di-apollo-dalla-percezione-al-piacere-della-musica


E’ esperienza di tutti come la comunicazione tra la madre e il suo neonato sia sostanzialmente una comunicazione musicale, basata su diverse impostazioni della voce, quasi istintive, ricerca di musicalità nell’ espressione verbale, movimenti ritmici del corpo e mimica espressiva, sintonizzazione rapida sul tono emotivo delle lallazioni o dei gergoli del bambino, sincronizzazione rapida sul ritmo reciproco delle espressioni facciali o del movimento corporeo. Questi aspetti sono stati ampiamente studiati da Colwyn Trevarthen, un neuropsicologo neozelandese[17][18]

 Il linguaggio pre-verbale è così riconsiderato non come un linguaggio immaturo o povero, ma come un linguaggio pienamente comunicativo, con la sua forte componente musicale, che caratterizza l’inter-play tra la madre (e qualsiasi caregiver) e il suo piccolo, ricco emotivamente e di significati. E si capisce meglio anche la persistenza tra gli adulti dell’amore, dell’ interesse e dell’attrazione per la musica, perché anche quella modalità comunicativa, così ricca sul piano emotivo e così capace di sintonizzare i cuori e i muscoli delle persone, è fondata sugli stessi meccanismi profondi della nostra evoluzione e così importanti nella fase preverbale della vita di ognuno di noi. La musica (come la musicalità della voce e il ritmo del gesto) ci avvicina, come il semplice gesto di chiamare qualcuno dà il là al dialogo, crea uno spazio comunicativo, in cui i corpi delle persone si avvicinano, e i sentimenti vengono condivisi. La musica facilita ed esprime il senso di comunità e di appartenenza, nel bene e nel male (gli inni nazionali, in pace, e il grido di battaglia, in guerra).

 

 

Amusia


L’amusia è l’impossibilità di comprendere, sentire la musica. Come se la musica fosse rumore, o una lingua straniera. Si correla anche all’anedonia musicale, termine che indica però più precisamente l’incapacità di provare piacere ascoltando la musica e quindi nonostante che ci sia una corretta percezione delle strutture formali della musica.  

La lesione core nella amusia acquisita (dopo stroke ad es.) interessa l’insula e lo striato di destra, estendendosi anche alle aree frontali, temporali e limbiche. Queste lesioni interessano anche le vie del dorsal stream (compreso il fascicolo fronto- occipitale inferiore) che collegano le aree temporali destre alle frontali inferiori[19]. Fig. 9


Dual-stream model of acquired amusia. Both the right ventral and the dorsal stream play an important role in amusia recovery, and if both ventral and dorsal streams in the right hemisphere are damaged, recovery from acquired amusia is unlikely. However, if one of these streams in the right hemisphere is preserved, recovery is possible due to the shared functionalities of the streams.

 

 

Il ritmo e la malattia di Parkinson


La scansione alternativa del ritmo può aiutare laddove non funziona la scansione interna di default, quella automatica della marcia diretta dalla sostanza negra e dallo striato esterno. Dalle vie acustiche si arriva dunque a stimolare le aree pre-motorie , in supplenza della via di default che non funziona  

 

 


L’ esperienza cosciente, funzione delle strutture biologiche complesse (e frutto dall’evoluzione della specie), si mette a punto in ogni individuo attraverso le sue esperienze precoci di contatto con il mondo esterno.

 


Quanto più l’esperienza cosciente (in questo caso uditiva, ma vale lo stesso per l’esperienza cosciente più complessa che integra tutti i nostri sensi, e le strutture motorie interne, nella esperienza personale) è complessa, tanto più si trovano attive le connessioni tra vaste parti del sistema nervoso centrale.

La connettività associativa del sistema nervoso centrale costruisce la rappresentazione complessa che noi abbiamo di noi stessi e del mondo, integrando più strutture funzionali (e corrispondentemente più aspetti dell’esperienza cosciente).

Ad esempio, acquisendo il linguaggio materno, si associano dei suoni ai loro significati, in maniera forte, tanto che le parole hanno una forza evocativa immediata, il significato si raffigura nella nostra esperienza cosciente, in modo quasi da soppiantare la percezione della parola (uditiva in senso stretto). Potrebbe essere difficile, senza un minimo sforzo riflessivo, distinguere la parola appena pronunciata sole dall’ immagine che ognuno di noi ha dentro di sé relativa al sole. Stessa considerazione, ancor più vale quando si impara a leggere o scrivere. In questo caso si collega al significato il segno grafico, che a sua volta connette un’esperienza visivo/motoria/uditiva.

Se un ipoudente (che ha perso l’udito in un’età successiva all’acquisizione del linguaggio verbale) coglie la parola guardando le labbra di chi parla, associa un’esperienza visivo/motoria a un significato (una costruzione interna, un’esperienza interna), ma può anche associarla a un’esperienza uditiva, che ha fatto e acquisito prima di diventare ipoudente.

Le associazioni tra le modalità percettive (ma anche motorie e neurovegetative) contribuiscono alla creazione dei significati, ossia dei contenuti mentali o esperienze interne, e quindi anche dell’esperienza cosciente della persona.

Questi processi di costruzione dei significati come esperienze interne non saranno approfonditi in questo testo. Si può capire, in breve, che i significati sono strutture funzionali complesse, che il nostro sistema nervoso costruisce ed organizza, in un processo che è continuativamente nello stesso tempo di creazione e rievocazione (memoria).



[17] https://www.wombtoworld.org/speakers/colwyn-trevarthen/

[18] 6 | 2015 Sémiotique de la musique Dossier 3. Music, Song, Language  Communicative Musicality or Stories of Truth and Beauty in the Sound of Moving Colwyn Trevarthen p. 165-194 https://doi.org/10.4000/signata.1075 

[19] Neural architectures of music – Insights from acquired amusia Aleksi J.Sihvonen  TeppoSärkämö AntoniRodríguez-Fornells  PabloRipollés  Thomas F.Münte  https://doi.org/10.1016/j.neubiorev.2019.08.023  Under a Creative Commons license 

FIG.9 Lesioni cerebrali che provocano amusia Le lesioni nervose che provocano l' incapacità di percepire la musica e le sue strutture formali

Quello che ci interessa sottolineare adesso è che l’esperienza cosciente di udire una parola possiamo farla anche in assenza di una stimolazione esterna in atto; insomma, per generare l’esperienza uditiva è sufficiente il nostro sistema nervoso, anche in assenza attuale del suono (come d’ altra parte avviene anche nel sogno, e può avvenire anche nella malattia, ad es.nell’ allucinazione, in certe forme di epilessia).

Questo aspetto sembra importante per gettare qualche luce sui rapporti corpo/cervello/mente. La mente è funzione di una struttura biologica complessa, è una qualità di una struttura biologica complessa.

E’ bene precisare subito però che questa non è una nozione innatista, in senso tradizionale. Il formarsi di un’esperienza cosciente integra ed armonica, con tutte le sue qualità sensoriali richiede l’esposizione all’ambiente, al mondo fisico esterno, in certe fasi precoci della nostra vita, che vengono appunto chiamate fasi critiche. Senza questa esposizione precoce al mondo fisico (e relazionale ovviamente), non si potrebbero costruire i presupposti per un’esperienza cosciente ricca ed articolata, multimodale, come quella che tutti noi sperimentiamo ogni giorno. Ed è questo il motivo per cui la maturazione delle strutture nervose, negli esseri umani, si svolge per un lungo periodo dopo la nascita, nel primo anno di vita ad es., quando con le prime esperienze si gettano le basi per lo sviluppo di un’esperienza cosciente integra ed armonica, multimodale.

La qualità della esperienza cosciente è funzione della struttura biologica complessa che si attiva. Struttura biologica complessa non significa necessariamente organismo, come siamo abituati spesso a ragionare, considerando la persona e l’esperienza mentale un’entità data, intera e non scomponibile. In realtà, la persona e la sua esperienza cosciente sono il frutto di integrazioni di molti costrutti cosci (e inconsci), e addirittura della integrazione di modalità sensoriali/percettive diverse.

Le varie modalità percettive che arricchiscono e confluiscono nella nostra esperienza cosciente originano, come abbiamo appena visto in aree diverse e dedicate della corteccia cerebrale. Ci sono ormai evidenze di ogni tipo a supporto di questa nozione. Le ultime sono arrivate con le nuove tecniche del neuroimaging, dopo quelle di tipo anatomico e neurofisiologico. La qualità delle percezioni (e delle corrispettive esperienze coscienti) origina nelle aree sensoriali primarie della corteccia cerebrale. Queste si possono attivare in maniera sostanzialmente simile sia per l’ arrivo effettivo di un segnale dal mondo esterno attraverso il nostro corpo (organi di seno, e strutture sottocorticali o del tronco dell’ encefalo) sia per il fluire dell’attività mentale (immaginare, rievocare, creare), indipendentemente dalla presenza attuale dello stimolo esterno , e del suo arrivo attraverso le strutture sottostanti nel sistema nervoso, centrale e periferico.

Le sinestesie si hanno quando l’esposizione ad uno stimolo in una modalità provoca una esperienza cosciente vivida ed immediata in un’altra modalità percettiva. Questo processo viene distinto dalle associazioni. Con il termine sinestesia ci riferiamo ad una forte connessione diretta tra due aree sensoriali primarie della corteccia, che è stata anche documentata con il neuroimaging. In questo caso, dunque, capita in maniera diretta, costante, vivida, l’attivazione contemporanea di entrambe le aree corticali sensoriali primarie (ad es uditiva e visiva) da parte di un unico segnale, ad es. uditivo. Anche in questo caso il fenomeno può aversi sia in presenza dell’arrivo effettivo di un segnale esterno, oppure durante il fluire dell’attività mentale, quando ad es. si pensa, si ricorda o si immagina un suono e si ha l’immediata e contemporanea attivazione non solo dell’area uditiva primaria, ma anche di un’altra area sensoriale primari, più spesso la visiva, ma anche la gustativa o la tattile.

Si possono fare degli esempi. Alcuni soggetti vedono colori intensi o vivide immagini, quando ascoltano musica. Questo sembra che sia più frequente e intenso in alcuni soggetti con autismo, ma, almeno nella forma di semplici bagliori di colori, può capitare anche in persone che non hanno mai visto (ciechi dalla nascita). Ancora più frequente capita in soggetti diventati ciechi in seguito, dopo aver avuto un’adeguata esposizione all’esperienza visiva nelle età precoci della vita.

In questo ultimo caso, si ritiene che si manifesti una forte (non ordinaria) connettività tra le due aree primarie percettive coinvolte. Anche in questo caso, quindi, sarebbe l’area corticale attivata a determinare la qualità della percezione cosciente, indipendentemente dal contesto dello stimolo, insomma indipendentemente dall’ input sensoriale effettivo (ascolto la musica ma percepisco luci o colori!).

La connettività tra aree sensoriali primarie della corteccia è ben documentata, anche se non è chiaro come questa inter-connettività funzioni e a cosa serva. Possiamo parlare più in generale di connettività intermodale riferendosi ad una connettività tra aree usualmente dedicate a modalità sensoriali diverse, in particolare riferendosi alle aree percettive primarie. Questo aspetto dell’organizzazione cerebrale, peraltro intuitivo, viene sottolineato in un recente lavoro, che descrive una connettività tra le aree uditive primarie, che rispondono alle frequenze dei suoni, e aree parietali, che rispondono ugualmente alle frequenze dei suoni, e non solo alle caratteristiche spaziali dei suoni[20].

Oggi si tende a pensare che la forte connettività tra le aree percettive primarie sia in realtà la permanenza di una connettività pre-esistente, che si forma in una fase molto precoce dello sviluppo cerebrale, intrauterina e precedente o concomitante alla fase critica dell’esposizione all’ al mondo esterno che si ha in sostanza nel primo o nei primissimi anni di vita. L’iperconnettività precoce insomma non sarebbe ridisegnata (“potata”, rifinita, messa a punto) in maniera diciamo così millimetrica dall’esperienza di esposizione al mondo esterno. Questo corrisponderebbe all’ idea di un’esperienza cosciente più “confusa o con-fusionale” nel lattante rispetto a quello che succede poi con la crescita. In sostanza un’esperienza cosciente nitida richiede un certo grado di separazione tra le varie modalità percettive che l’evoluzione ci ha messo a disposizione per costruire la nostra esperienza cosciente integrata. E’ quello che succede nella enorme trasformazione della qualità del disegno infantile che tutti noi abbiamo notato, passando dall’età della scuola materna a quella della scuola elementare. Nel disegno del bambino più piccolo confluisce tutto il suo essere, forma ed emozione, nel disegno del bambino più grande confluiscono per lo più stereotipi grafici, una specie di pittogrammi, a meno che non sia particolarmente dotato verso il disegno come mezzo espressivo. Quello che è successo è che in molti bambini il disegno è diventato una specie di scrittura per immagini. Ovviamente questi processi, che hanno una base neurobiologica evolutiva, possono risentire di contesti diversi, e manifestarsi in maniera anche molto diversa in contesti educativi diversi, che ad es valorizzino il disegno come mezzo espressivo anche alle scuole elementari.

La più complessa connettività tra aree primarie, secondarie e associative è all’ origine di nuovi costrutti complessi, che originano dalla convergenza di più modalità sensoriali, o di altre funzioni cerebrali, come nel linguaggio, nel leggere e nello scrivere.

[20] Auditory Frequency Representations in Human Somatosensory Cortex  Alexis Pérez-Bellido1,2, Kelly Anne Barnes1, Lexi E. Crommett1 and Jeffrey M. Yau1   Cerebral Cortex, November 2018;28: 3908–3921  doi: 10.1093/cercor/bhx255  


In questo caso i costrutti, e le funzionalità nervose, diventano un diverso livello organizzativo e funzionale del sistema nervoso, persistono anche in assenza dello stimolo esterno, e non sono, come le sinestesie, un immediato corto circuito, diciamo così, tra due percezioni distinte per la connessione diretta delle due aree percettive primarie. Se arriva uno stimolo ad un’area percettiva specifica A, può accadere che questo stimolo, oltre che elaborato nella modalità sensoriale A, sia elaborato anche in una modalità sensoriale B, cui è preposta un’area percettiva specifica B.

Chiunque può avere fenomeni sinestesici, e percepire luci ad es. mentre ascolta musica. Sono stati descritti anche casi in cui un soggetto percepiva sensazioni tattili, ascoltando musica. Le sinestesie sono piuttosto frequenti, come abbiamo già detto, nei soggetti autistici[21] (in un lavoro è descritto il caso di un giovane in cui parole, numeri, emozioni, ricordi, formule, forme geometriche oppure l’ascolto della musica assumevano il carattere vivido di una sensazione colorata), e anche nei soggetti con deprivazione sensoriale specifica, ad es ciechi o sordi dalla nascita, o ancor più diventati sordi e ciechi in seguito (e quindi con una normale esposizione uditiva e visiva al mondo esterno nelle fasi precoci dello sviluppo). In questi ultimi si può immaginare che le fibre provenienti da modalità sensoriali funzionanti colonizzino le aree corticali deprivate, e quindi i segnali uditivi, arrivando alla corteccia visiva di un cieco, vengano percepiti come colori o forme visive, così come i segnali visivi, arrivando alla corteccia uditiva di un sordo, diano adito a qualche forma di suono.

Le sinestesie sono uno sguardo su un aspetto molto importante della costruzione dell’esperienza cosciente, perché confermano che la qualità dell’esperienza cosciente è in qualche maniera dipendente dalla modalità specifica dell’area corticale attivata, e non dalle qualità elettriche della scarica neuronale, e nemmeno dall’ informazione portata dall’organo di senso. Come dicevo, nella sinestesia, l’esperienza percettiva assume la qualità dell’area corticale dove il segnale arriva e si diffonde, indipendentemente da quale sia stata la via percorsa per arrivarci, o il tipo di stimolo esterno.

La trasmissione del segnale attraverso correnti elettriche è neutra rispetto alla qualità specifica (modalità) della percezione finale, ma contribuisce a determinare aspetti più fini della stessa e a farla diventare nitida e articolata. Anche questo aspetto non sarà approfondito in questo testo.

Insomma, le sinestesie confermano l’affermazione che la qualità (modalità) dell’esperienza cosciente è quella delle strutture corticali specifiche dove il segnale nervoso arriva, indipendentemente dall’ organo di senso che abbia inviato il segnale. Tuttavia, non si deve dimenticare che lo sviluppo armonico e integro dell’individuo (e della sua esperienza cosciente) presuppone l’abbinamento ordinato tra l’informazione portata dall’ organo di senso e la qualità del vissuto “portata” dalla modalità specifica prevista dalla corteccia di arrivo, nelle così dette fasi critiche precoci dello sviluppo stesso, nel bambino piccolo. In altre parole, perché l’area uditiva primaria funzioni a pieno deve essere stata esposta ai suoni (alle vibrazioni dell’aria) nelle fasi precoci dello sviluppo individuale. Se questo non avviene, come ad es nei sordi o nei ciechi dalla nascita, le aree uditive primaria saranno in qualche maniera anche esse sorde o cieche per il resto della vita. Questa affermazione è fondata sulla base delle nostre conoscenze del mondo dei soggetti ciechi o sordi dalla nascita. In questi soggetti, tuttavia, una minima esperienza percettiva può aversi, come si può rivelare ad es. nel sogno o per la comparsa di fenomeni sinestesici. Sicuramente, una sinestesia uditiva attivata da una percezione visiva, in un soggetto sordo dalla nascita per cause periferiche (e quindi con una corteccia uditiva primaria deprivata), potrà conferire un’esperienza auditiva sfocata, indistinta, primitiva)

Come abbiamo detto, il fine tuning del sistema percettivo modale si costruisce durante l’ontogenesi dell’individuo (fine tuning individuale), su un processo di reciproco sintonizzarsi tra la natura e l’organismo umano, costruito dall’ evoluzione in milioni di anni.

Con lo sviluppo della plasticità neuronale e sinaptica, la connettività tra aree funzionali permetterà i costrutti associativi, e le correlate esperienze coscienti complesse. Così un’associazione, visiva o somestesica per es., si potrà creare, talvolta sorprendentemente (“come è che t’è venuto a mente questo?”), proprio grazie a questa connettività “potenziale”, probabilmente non rigida, disponibile quasi come in una deriva, per spostamenti progressivi (le facce che si riconoscono nelle nubi, le metafore…). La plasticità, ossia la comparsa quasi fortuita o creativa di una nuova associazione, sfrutta questa connettività diffusa, potenziale, non strutturale, tra le aree, sensoriali o associative, e rappresenta un’evoluzione rispetto ad una connettività più forte e rigida tra aree cerebrali, come quella selezionata dai processi millenari dell’evoluzione, o, ancor più, come quella che si può generare in alcune situazioni patologiche, su base congenita o da deprivazione.


[21] BMC Psychiatry 2020 Jun 30;20(1):342. A case of co-occuring synesthesia, autism, prodigious talent and strong structural brain connectivity Andreas Riedel 1, Simon Maier 1, Kerstin Wenzler 1, Bernd Feige 1, Ludger Tebartz van Elst 1, Sven Bölte 2 3 4, Janina Neufeld 5 PMID: 32605557 PMCID: PMC7329514 DOI: 10.1186/s12888-020-02722-w Free PMC article 

FIG. 10 Le Sinestesie e associazioni mentali e la connettività neurale in condizioni normali e di deprivazione sensoriale.

In sintesi, l’esperienza cosciente di un individuo è funzione del suo sistema nervoso centrale (e tramite questo di tutto il suo organismo, il suo corpo). La qualità dell’esperienza cosciente di una persona è indipendente dall’ esposizione attuale ad uno stimolo esterno (come nell’immaginazione e nel sogno), ma è dipendente dal fatto che quella persona sia stata esposta allo stimolo esterno in certe fasi critiche e precoci della sua esistenza (ontogenesi).

Le qualità essenziali dell’esperienza cosciente sono state definite nell’ evoluzione, che ci ha dotato di sistemi specifici per la conoscenza di noi stessi e del mondo esterno, ad es attraverso la costruzione e selezione di certi sistemi neurosensoriali e motori.

Queste qualità vengono infine definite meglio a livello individuale con un fine tuning attraverso l’esposizione diretta al mondo esterno, in certe fasi critiche e precoci della esistenza individuale (è probabile che ciò avvenga già in gran parte anche durante la vita intrauterina)

 

Plasticità sinaptica e creatività

 

E’ intuitivo che l’evoluzione non poteva aver previsto le opere di Mozart, eppure queste sono comparse nella storia dell’umanità.

Come si spiega questo? come si coniuga la creatività (e quindi l’origine della storia e della cultura) con la natura e l’evoluzione? La creatività si riferisce alla possibilità di far nascere qualcosa che non è stato previsto in dettaglio dall’evoluzione. Ad es, l’evoluzione dota i neonati di capacità che si svilupperanno fino a padroneggiare un linguaggio (ad es le competenze fonemiche, lallazione, per le strutture sintattiche e grammaticali etc.) ma non può sapere quale sarà la lingua materna che il singolo soggetto incontrerà. Sembra banale ma non lo è.

Così, l’essere umano ha delle competenze potenziali che si attuano nell’ incontro con un contesto imprevisto dalla natura. Il corpo (e il Sistema Nervoso) hanno avuto non solo la capacità di adattarsi al mondo fisico previsto dall’ evoluzione, ad es. alla gravità, con l’acquisizione della postura eretta e della deambulazione, ma anche la capacità, comparsa sorprendentemente nell’evoluzione, di gestire l’ignoto, lo sconosciuto, o in una parola più precisa ciò che l’evoluzione non ha previsto in dettaglio. Insomma, ad un certo punto nella evoluzione, è successo qualcosa per cui gli organismi non solo si adattano al mondo della natura, ma in qualche maniera creano un nuovo mondo che è quello della storia e della cultura.

Se pure ammettessimo che questa funzione sia presente in altri primati, o nei nostri animali domestici, è abbastanza facile capire che differenza di livello ci sia, da questo punto di vista, tra gli esseri umani e gli altri animali. La differenza non riguarda il sentire, provare dolore, riconoscersi come appartenenti a un gruppo o a una specie, a una comunità ecc., tutte cose che ci accomunano agli altri animali. Le differenze riguardano il gestire tutto questo nei contesti imprevisti, fuori dagli schemi previsti dall’ evoluzione, creando una nuova dimensione dell’evoluzione, che è quella della la storia e della cultura.

Questo non vuol dire che la storia e la cultura siano necessariamente un bene superiore, o qualcosa che giustifica tutto quello che noi abbiamo fatto, di bello e di brutto; significa solo che qualunque storia o cultura noi creiamo o abbiamo creato, ne siamo responsabili.  Se la storia porta ancora il segno del nazismo e delle persecuzioni di massa, è solo perché qualcuno o molti di noi hanno deciso di seguire quella strada, o semplicemente hanno seguito una cultura e una storia che andava in quella direzione, creata dall’ uomo e di cui l’uomo è responsabile.

Noi parliamo di neuroscienze. Quindi qual è la base di tutto questo per le neuroscienze? La risposta sta in un fenomeno che sappiamo benissimo esistere, ma che conosciamo ancora molto poco, la plasticità delle strutture nervose. La plasticità sinaptica.

FIG. 11 Adattamento e creazione sono entrambi forze di cambiamento per specie, individui e strutture nervose.


Quello che è la creatività dal punto di vista della storia e della cultura, lo è la plasticità delle strutture nervose dal punto di vista delle Neuroscienze.

La creatività è correlata alla plasticità sinaptica e quindi alla nostra organizzazione nervosa. Sarebbe più giusto dire alla plasticità e flessibilità del nostro corpo (di cui il sistema nervoso è l’organizzatore, ma non può sostituirlo; in fin dei conti, gran parte di ciò che fa il nostro cervello è assemblare costrutti di esperienze corporee).  Diciamo che il Sistema Nervoso è al servizio del corpo, inteso come completezza del soggetto, invece di considerare sempre il corpo al servizio del Sistema Nervoso.

Non prevedo un futuro dove solo i cervelli saranno conservati e comanderanno il mondo, magari accuditi e nutriti dentro grandi bottiglioni e collegati a tutte le reti informatiche interplanetarie.

La figura 11 [22] indica il modello tradizionale dell’evoluzione. Geni e natura sono due entità relativamente fisse nel mondo che abitiamo, costruite nei milioni di anni dall’ evoluzione. Il processo del cambiamento è dato dall’ interplay tra geni e natura. Si impone sulle altre la persona o la comunità che ha maggiore capacità di adattamento.

Questo modello resta assolutamente valido, ma ad esso ne dobbiamo aggiungere un altro. Gli esseri umani hanno mostrato di saper creare un nuovo mondo che è quello della storia e della cultura. In qu esto modello, la creatività individuale da un lato e le strutture sociali e culturali dall’ altro sono il fattore di cambiamento.  Gli organismi, con la creatività individuale o dei loro costrutti sociali, modificano il mondo della storia e della cultura, ma anche questo ultimo modifica biologicamente gli organismi attraverso processi epigenetici, della cui conoscenza siamo agli albori. L’interplay in questo caso è tra creatività individuale e le strutture sociali e culturali. LO scopo del cambiamento non è adattarsi all’ esistente, ma esplorare nuove possibilità e creare mondi nuovi. La rapidità del cambiamento è accelerata dai cambiamenti stessi. 

La potenza degli esseri umani comporta un grande carico di responsabilità visto che, nell’ antropocene, ci stiamo rivelando capaci di modificare addirittura la natura

[22] liberamente ispirata a Adriano Milani Comparetti, Semeiotica Neuroevolutiva, in Prospettive in Pediatria  48, ottobre dicembre 1982