COVID 19 Differenti soggetti, differenti malattie?

10 maggio 2020

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COVID 19   DIFFERENTI SOGGETTI, DIFFERENTI MALATTIE?


La malattia COVID 19 può passare attraverso diverse fasi:

  1. infezione
  2. primi sintomi
  3. aggravamento dei sintomi, fino a condizioni che mettono in pericolo la vita
  4. decesso

La fase 1 può anche non dare adito ad alcun sintomo e rimanere silente fino alla risoluzione spontanea (casi asintomatici veri).

Le fasi 2 e 3 possono risolvere con la guarigione, spontaneamente o con le cure, ospedaliere nei casi più gravi.


Soggetti contagiati che restano asintomatici (veri asintomatici)

Di fatto, i soggetti positivi al Covid 19, ma asintomatici o pauci-sintomatici sono diagnosticati di solito nel corso di indagini di tracciamento dei contatti di altri soggetti conosciuti come positivi, o in micro-comunità.

La prevalenza nella popolazione generale di soggetti infetti, che non hanno sintomi o hanno sintomi del tutto specifici e banali, non è nota. 

C’è uno studio, in attesa di pubblicazione, su Nature, di Andrea Crisanti e al. Questi ricercatori per la Regione Veneto hanno studiato l’ intera popolazione di Vo’ un piccolo comune del Veneto, eseguendo a tutti i consenzienti il tampone all’ inizio del lockdown (2.812 soggetti, in data 23.2.2020) e successivamente alla fine del lockdown (2.343   soggetti, l’ 8.3.2020), trovando rispettivamente una prevalenza di infetti del 2.6% e dell’ 1.2%.   Di questi, gli asintomatici erano   il 41% al primo test e   il 45% al secondo test. Tra i soli 8 nuovi casi positivi scoperti al secondo test ben il 62% erano asintomatici.

https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.04.17.20053157v1.full.pdf

Questi dati ci dicono che un numero elevato di soggetti infetti rimane asintomatico per tutto il decorso della malattia. Qualcosa protegge questi soggetti che pure hanno preso il contagio dal manifestare i sintomi della malattia.


Contagiati asintomatici o con quadri clinici lievi

L’ andamento   dell’ epidemia in Italia ha mostrato che i soggetti asintomatici/ paucisintomatici/lievi sono la maggior parte dei soggetti contagiati.

Nell’ infografica dell’ Istituto Superiore di Sanità (ISS) al 9 maggio 2020, questo soggetti sono il 75 % della vasta casistica esaminata. Anche se il report dell’ ISS non specifica se questa classificazione del quadro clinico riguarda il momento della diagnosi oppure riguarda l’ intero decorso della malattia, è comunque un dato che sottolinea il fatto che in molte persone i danni dovuti all’ infezione restano lievi.

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Infografica_8maggio%20ITA.pdf  

E questo correla con il dato ben noto dell’ elevato numero di soggetti in isolamento domiciliare rispetto al numero di casi attualmente in ospedale (Nel report del 4 maggio,   81.436 persone contro 18.743 ospedalizzati).

Quindi in molti soggetti l’ infezione sembra non produrre per niente danni oppure produrne molto meno che in altri.


L’ età condiziona la suscettibilità all’ infezione  

Una caratteristica dell’ infezione da Sars Cov 2 è che questa non ha un unico bersaglio cellulare, ma piuttosto l’ attacco segue molte strategie patogenetiche, coinvolge molti organi e provoca alla fine una vera e propria malattia multiorgano e sistemica acuta.

Ci possono essere molti meccanismi specifici che se attivati o meno fanno sì che la malattia mostri tutte le sue facce e la sua maggiore o minore gravità.

L’ età è un fattore che condiziona sia la suscettibilità all’ infezione che la suscettabilità, nei soggetti contagiati, ai meccanismi patogenetici indotti dal virus.

E’ noto che :

  1. il virus infetta di più e più facilmente gli anziani che i giovani
  2. le manifestazioni cliniche sono più gravi negli anziani
  3. la mortalità è molto maggiore negli anziani

La pluri-patologia, che spesso si accompagna all’ età, e l’ età in generale, riducono le risorse di un soggetto per far fronte ad una nuova aggressione specie si massiva e proteiforme, che consuma risorse vitali, come l’ infezione da Corona Virus.

Questo però potrebbe non essere sufficiente a spiegare i gravi effetti del virus sugli anziani



Si può immaginare che il virus inneschi processi patologici specifici, e che gli anziani siano più suscettibili a queste azioni innescate dal virus.

In effetti è noto che il virus aggredisce l’ organismo in maniera proteiforme e con molte strategie di attacco, portando a distruzione cellulare, infiammazione anche sistemica, danno d’ organo multiplo, disregolazione della coagulazione , dell’ apparato cardio-respiratorio e del sistema nervoso, e specialmente del sistema neurovegetativo.

Perchè in molti soggetti, specie se giovani, questi meccanismi specifici di attacco del virus risultano spuntati e non provochino conseguenze non è noto.

E’ però certo che il virus infetta di più e più facilmente gli anziani che i giovani.

Questo punto è documentato bene dallo studio epidemiologico della popolazione di Vo’ già citato. L’ infezione è molto più frequent e nella classe di età tra i 50 e gli 80 anni (dal 3.7% a 6% della popolazione in queste classi di età è contagiata) mentre il contagio è assente nei bambini finora 10 anni, e presenta valori intermedi tra i 10 e i 49 anni.

Una diversa espressione del recettore ACE2 nei giovani e negli anziani è stata proposta come ipotesi della maggiore suscettibilità degli anziani alla infezione da Sars - Cov 2.

Insomma, gli anziani sono più facilmente infettati dal virus degli altri , anche se in realtà tutte le età possono essere infettate


L’ età condiziona anche la suscettibilità alle manifestazioni più severe della malattia.

I dati sulla epidemia tedesca e italiana non hanno esattamente lo stesso significato di quelli di Vo’, poiché in questo caso non si tratta di studio a tappeto di una popolazione ma di indagini fatte per la diagnosi, su casistica selezionata, quando era presente un sospetto clinico oppure per il contact tracing dei soggetti a rischio.

Questi dati mostrano la ben nota incidenza della malattia, molto maggiore nelle classi di età più avanzate. E’ probabile che, alla luce del dato di VO’, anche questi dati nazionali tedeschi e italiani riflettano almeno in parte una maggior suscettibilità all’ infezioni delle classi di età più avanzate, e non soltanto una maggior suscettibilità ai meccanismi patogenetici indotti dall’ infezione nell’ organismo ospite.

 In Germania la incidenza per 100.000 della malattia è di meno di 100 casi tra i bambini di 0-9 aa, di 500-600 casi per le classi di età tra 20 e 89 aa (oltre 1000 casi nei soggetti di 90+ aa)

(https://www.rki.de/DE/Content/InfAZ/N/Neuartiges_Coronavirus/Situationsberichte/2020-05-06-en.pdf?__blob=publicationFile)

In Italia, è presente una tendenza simile, che vede una incidenza di malattia per 100.000 ab di circa 40 casi tra i giovani 0 e 18 anni, che sale a 350 tra le persone di età tra 20 e 69 anni, e oltre 800 per le classi di età più avanzate

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Infografica_8maggio%20ITA.pdf 


L’ età condiziona il rischio di arrivare al decesso.

Una volta infettati, i soggetti anziani hanno maggior rischio di arrivare al decesso. Questo è un dato accertato e ben evidente anche nella casistica italiana, sia nelle tabelle dell’ ISS già citate (% di decessi sul totale per classi di età, tasso di mortalità) che nella tabella 1, che riporta l’ incidenza delle morti da COVID 19 nella popolazione generale per classi di età.

TAB . 1 ITALIA

popolazione

Deceduti n°

/100.000

0-9

5.090.482



10-19

5.768.874



20-29

6.201.270



30-39

7.074.218



40-49

9.242.654

229

2,48

50-59

9.352.231

923

9,87

60-69

7.337.210

2756

37,56

70-79

5.962.533

7327

122,88

80-89

3.555.546

10351

291,12

90

774.528

3811

492,04

tot

60.359.546

25397

42,08

Quali specifici meccanismi, attivati dal virus e particolarmente pericolosi e attivi nelle persone più anziane, portino più facilmente alla morte non è ancora noto, e si capirà forse solo dallo studio approfondito delle casistiche.

Tuttavia i report sulla mortalità, discussi in Uno sguardo alla Pandemia (https://www.peopleandneuroscience.it/), avevano messo in evidenza

(segue)


  1. che il tasso di mortalità (% di decessi/diagnosi) è condizionato da vari fattori, uno dei quali è la numerosità complessiva delle morti in un’ area
  2. che però nell’ ambito di un carico di contagi analogo ( come in Italia e Germania), la differenza di mortalità può essere assai consistente, ad es passare dal 13.9% dell’ Italia al 4.4% della Germania, nella rilevazione del 06/05/2020. In termini di incidenza di morti per COVID 19, i valori sono di  49 per 100.000 ab in italia e di 9,1 per 100.000 ab in Germania

Alcune possibili variabili, relative a età media dei contagiati e differenza nella disponibilità di strutture di terapia intensiva, sono probabilmente alla base di queste differenze

Il report dell ‘ISS mostra anche quali sono le patologie preesistenti alla diagnosi di COVID 19, più spesso associate all’ esito infausto, e tra queste spicca l’ ipertensione arteriosa che è presente in quasi il 75% dei casi. Inoltre il 41 % dei casi che sono deceduti, facevano terapia con ACE-inibitori o sartani prima della malattia. Questo è un punto da approfondire.

UN altro aspetto importante è quello che riguarda i sintomi manifestati prima del ricovero nei soggetti che sono deceduti. Colpisce che quasi l’ 80% aveva febbre e dispnea, il che fa pensare che ci sia stato un ritardo nell’ intervento terapeutico in questi soggetti (almeno che non si sia trattato di forme a rapidissima evoluzione peggiorativa).

Queste conoscenze dovranno essere meglio definite via via che si studiano le casistiche cliniche dettagliate. 

 I dati ISS parlano di un intervallo piuttosto breve tra insorgenza sintomi e decesso, con una mediana di 10 giorni, equamente divisi tra esordio-ospedalizzazione e ospedalizzazione-decesso.

Questo dato probabilmente non dà una visione esaustiva di cosa succede di fatto. Il dato riportato dall' ISS ci dà una mediana, cioè l' intervallo di tempo tra esordio dei sintomi e decesso, che si verifica nel 50% dei casi. Sarebbe interessante conoscere anche la variabilità di questo intervallo, ed in particolare i valori estremi di questa variabilità.   

Ci sono probabilmente intervalli più lunghi di 10 gioni tra esordio dei sintomi e decesso o guarigione del paziente. Sappiamo che il virus può permanere fino a 6- 8 settimane nell’ ospite (studio di Vo e un altro condotto a Wuhan)  

https://www.medscape.com/viewarticle/929519?nlid=135295_5403&src=wnl_dne_200429_mscpedit&uac=156764SY&impID=2363717&faf=1

Nello stesso tempo diversi dati epidemiologici suggeriscono la presenza di un’ onda lunga del picco di nuove diagnosi giornaliere sul picco di mortalità giornaliera, che può farsi sentire anche fino a un mese (vedi Uno sguardo alla pandemia a questo proposito, dove si cerca di spiegare il fenomeno osservato in alcune regioni italiane dell' aumento dei nuovi morti anche a distanza di un mese dal picco dei nuovi casi).

Altri meccanismi possono condizionare le manifestazioni cliniche che seguiranno all’ infezione, come mutazioni del virus stesso nel corso dell’ epidemia, che può talvolta perdere o acquistare aggressività, le differenti strategie terapeutiche, e anche le differenti strategie diagnostiche, nel senso che strategie diagnostiche sempre mirate ma più estensive potrebbero portare anche alla individuazione di forme più lievi della malattia.



Per approfondire

https://www.iss.it/coronavirus     

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia  

https://academic.oup.com/cid/advance-article/doi/10.1093/cid/ciaa549/5831986 


Walter Borsini