TUTTE LE MIE NOTTI

6 luglio 2020

Tutte le mie notti
Un film di Manfredi Lucibello.
Con Barbora Bobulova, Alessio Boni, Benedetta Porcaroli, Carolina Rey
Thriller,
Soggetto Manfredi Lucibello e Andrea Paolo Massara
Kids+13, durata 81 min. Italia 2018

Il film è basato su un racconto di formazione, tanto scarno nell’apparenza quanto nutrito e ricco nella sostanza. Solo tre personaggi. Ad essere sinceri, due personaggi, due donne, una molto giovane, una più matura, e una notte. E una casa. Da cui non si riesce a fuggire, il luogo del misfatto, in una splendida reminescenza dell’ Angelo Sterminatore di Luis Bunuel (almeno per me!).

Il film ti porta a spasso ai confini del male, ci stai dentro, al male, non solo con la punta delle scarpe, ma con un bel po’ della tua energia vitale. Stai scivolando nel vortice, ma non sei soffocato ancora nelle sue spire. Ti risucchia e e senti cedere il terreno sotto i tuoi piedi. Così stanno le due protagoniste. La loro consapevolezza della situazione prende copro gradualmente nel corso del film, in maniera anche dissincrona.

Questo film potremmo vederlo come un esperimento. Un esperimento in cui due personaggi, in questo caso due donne, una ragazzina, e una donna più matura, sono risucchiate nel vortice del male.
Qui non vorrei equivoci. Non voglio parlare del male come qualche cosa che è al di fuori della storia dell’uomo. IL male di cui voglio parlare è costruito dalla natura (vita e morte, piacere e sofferenza), dall’uomo e dalla sua cultura. Il male, così come il suo gemello indissolubilmente legato, che è il bene, si costruisce nell’evoluzione (aggressività, difesa, possesso, potere...), si costruisce nello sviluppo del persona, la sua infanzia, le sue relazioni, familiari e non familiari, si costruisce nelle culture dell’uomo. Culture, perché non è uno solo il codice del male e del bene per le molte umanità a cui apparteniamo
Noi le vediamo, le due donne, e sentiamo la loro esperienza, da dentro la loro vicenda, da dentro i loro turbamenti. Non siamo spettatori esterni. Soffriamo con loro. Sentiamo insieme a loro la tentazione di accettare il richiamo del male, così come sentiamo affiorare la loro repulsione, inizialmente assai flebile, o comunque poco efficace, nei confronti del male.

Questa è una parte veramente interessante dell’ esperimento, agli occhi anche di chi si occupa di neuro-scienze. L’osservatore che guardasse dall’esterno la vicenda, con i piedi ben saldi sulla spiaggia della sicurezza e della approvazione sociale, non capirebbe fino in fondo cosa si agita nei corpi delle due donne, e nella loro testa. Questo lo può fare solo una persona, che si trovi a vivere la loro stessa storia. Se uno spettatore non accetta questa dimensione, di sentire il vortice del male, come lo sentono le due donne, se pensa che ciò che accade loro non lo riguarda perché niente del genere lo sfiorerà mai, allora io penso che questo spettatore troverà il film noioso, inverosimile e estremo. Si tratta invece di un film borderline, un film di confine.

Quindi stiamo cercando di conoscere meglio l’ origine dell’etica, l’ affiorare e il costruirsi dei sentimenti su cui è fondato l’ intreccio inestricabile dell’esperienza umana del bene e del male (un intreccio fatto di sentimenti, passione, ragionamento e logos, che è in divenire durante la formazione e la crescita di una persona, o di una società, e non è mai perfettamente rispecchiato negli artifici della legge formale).  

Qual è il primo girone dell’inferno? Sara, la ragazza (diciottenne?) si prostituiscepossibilmente con persone VIP, in maniera quasi compulsiva, lo fa ogni giorno, è un lato nascosto della sua vita, che sta vivendo ogni notte, distinto da, ma non meno importante di, quella che è la sua vita di tutti i giorni.

Per lei è un dolore, seppure un bisogno cercato e inconfessabile. Dice alla compagna, che cerca di renderla sua complice: “Meglio farlo da dietro, così non lo vedi neanche in faccia”.

Ma è un dolore sopratutto perché non può condividere questa sua esperienza con nessuno. Con i suoi occasionali partner, o mediatori, non se ne parla nemmeno. Che attenzioni possono avere davvero per lei? E nemmeno con amici o amiche. Non parliamo poi della famiglia, o dello psicoterapeuta, che verosimilmente lei non ha. Allora, Sara, in cerca di condivisione dell’esperienza e di complicità, di una socialità che conosca e approvi la sua scelta di vita, trascina nell’avventura un altra ragazza. Ha terribilmente bisogno di una complice , di un’amica, con cui condividere quell’esperienza, quel segreto.

Il problema è che quella notte, a quell’appuntamento trasgressivo, la sua amica si sente male, forse subisce violenza, forse è morta. Era la prima volta che Sara  l’ aveva convinta a seguirla nelle sue avventure.

Tutto il film si svolge in una notte, la notte della fuga di Sara, in cui tutto deve avvenire, la notte della fuga dal male. Lei è nel vortice del male, che la attrae pesantemente, con la sua energia distruttiva, e nello stesso tempo di complicità, quella sì protettiva. E la attrae anche con subdoli inganni. Cosa puoi fare? Puoi solo cedere, cedere, trovare dei complici nel male...

Veronica, che passa l’intera notte notte con Sara, inizialmente ha un compito ben preciso. Cercare di comprarne il silenzio, di ammansirla e farla cedere. E’ il serpente ignaro, inviato dal male. E’ insidioso questo tentativo da parte di Veronica, perché lei ha una dolcezza naturale e remissiva. Veronica è un avvocato, inviata sulle tracce di Sara proprio dal deus ex machina del male, il diabolico Federico Vincenti, l’ industriale che non ha scrupoli, pur di stipulare un nuovo contratto per la sua azienda, un uomo a cui la silenziosa Veronica ha dedicato vita, lavoro e amore non confessato. Quest’uomo non ha spessore psicologico nella storia del film, è, come nelle tragedie antiche, il deus ex machina del male, è da lui che escono i mali che stanno risucchiando le due donne. La sua bocca è lo scrigno aperto di Pandora.


Dicevo che Veronica potrebbe davvero riuscire a tacitare i sussulti del bene dentro il corpo e la mente di Sara, perché almeno per buona parte del film Veronica crede al suo boss, e pensa che in fondo non sia successo niente di grave alla compagna di Sara. Sara, probabilmente dalla paura, si sta davvero inventando tutto.

Ovviamente ci sono altre pressioni su Sara, per non dire ricatti. Se questa storia viene fuori, che ne sarà della sua vita? Come ne uscirà la sua famiglia? “Meglio oscurare tutto, avrai dei soldi, tutto finirà e sarà dimenticato”. Bisogna cancellare ciò che è accaduto, in modo che le conseguenze non ricadano sugli affari di Federico Vincenti, e neanche su tutti gli altri protagonisti della storia, su Sara stessa, sulla sua vita di tutti i suoi giorni.  

Sara cerca di fuggire più volte dalla casa dove Veronica cerca di convincerla ad accontentare Federico, ad abbuiare tutto. Sara cerca di uscire tante volte dal labirinto del male, ma si muove in una notte, che la riporta sempre al punto di partenza, come avviene negli incubi, e come avvine quando gli ospiti cercano di lasciare la festa del fasto e del potere ne L’ angelo Sterminatore di Luis Bunuel.

Sara, fuggendo, non ha un piano. Cerca di fuggire e basta, ma cresce in lei qualcosa che noi chiameremmo bene. Lei non lo chiama in alcun modo. E’ semplicemente una forza interiore, ricattabile, flebile all’inizio, poi sempre più determinata. Sente che lei non può annullare quello che è successo. Ne sente la responsabilità, quella sua e quella degli altri. Dentro di lei si affaccia la convinzione non detta, che deve guardare in faccia quello che è successo, gli altri , il mondo del nuovo giorno che sta per arrivare. Ognuno ha le sua ragioni, i suoi meriti e le sue colpe: non finirà strangolata dal vortice del male, in una notte senza fine, in un’ oscurità che la costringerà a seppellire una parte di sé, e con questa, forse, tutta se stessa.

 Non aggiungerà altre bugie e occultamenti, che si sappia quello che è successo, che cosa ha fatto lei e che cosa hanno fatto gli altri. E se tutti sapranno chi è davvero lei, Sara, non sarà solo un prezzo da pagare, ma un riscatto

Sono ormai le ultime scene del film, quando prende corpo, prima che testa, la decisione di andare dalla polizia. Ancora Veronica è titubante, incerta. Forse anche Sara, ma Sara è qualche passo più avanti di Veronica. La sua determinazione a ribellarsi al male e a ricostruire una sua etica, si fa più determinata, la sostiene nel dolore, rifiuta tutti i tentativi di placarla, di corromperla, di mettersi al riparo accovacciata e nascosta nelle spire del male, rifiuta il denaro. Ormai anche Veronica non è più la stessa. Ormai anche lei sa che la compagna di Sara è morta, e sa come è morta, nella piscina della villa.

Così, anche Veronica la smetterà di mentire a se stessa. Le si sono svelate le bugie che raccontava a se stessa, nel suo rapporto con Federico, quel suo essere dipendente da lui, fedele, segretamente innamorata, dedita a lui giorno e notte.
Adesso Veronica sente un altro corpo che trema, che cresce accanto al suo, sente le emozioni di una ragazza che ha solo lei, perché nell’intimità di quella notte le due donne si sono davvero conosciute. Adesso loro due stanno condividendo molto l’ una dell’ altra, più di quanto abbiano mai condiviso con qualunque altra persona al mondo. Esse conoscono i loro segreti, e nessuna osa giudicare l’ altra, consapevole ciascuna della propria fragilità, e nello stesso tempo della trasformazione in atto.

Adesso, nell’ultima scena, sedute in una saletta del commissariato, al fare dell’alba, finalmente Sara può accadere l’ evento simbolico della loro salvezza, finalmente Sara può avvicinare la sua testa alla spalla di Veronica, lentamente come per sondarne la reazione, e lei con un minimo gesto la asseconda e la accoglie. Madre e figlia.

Walter Borsini