COVID 19 UNO SGUARDO ALL’EPIDEMIA Report 9 giugno

FIG 2 L' epidemia COVID 19 in Italia al 5 giugno I numeri dell' epidemia COVID 19 in Italia al 5 giugno 2020

20 giugno 2020

uno sguardo all' epidemia report 9 giugno.pdf

COVID 19 UNO SGUARDO ALL’EPIDEMIA

Report 9 giugno


Walter Borsini

 

Il COVID 19 può manifestarsi in tutta la sua drammaticità fino a condurre a morte. Tuttavia, questa non è l’unica faccia con cui la malattia si presenta. All’ altro estremo ci sono pazienti che restano asintomatici per tutto il decorso della malattia.

Le fasi che la persona affetta da COVID può attraversare sono riassunte nella FIG 1. La infezione può restare del tutto asintomatica, evolvere ad uno stadio clinicamente rilevabile e poi guarire, con le cure o spontaneamente, oppure procedere fino al ricovero in terapia intensiva e al possibile decesso.

FIG 1 Decorso clinico del COVID 19 L' infezione da Sars Cov2 può restare asintomatica o evolvere a malattia più o meno severa

LA SITUAZIONE AL 9 GIUGNO

Abbiamo convissuto con la fase espansiva dell’epidemia e adesso siamo in una fase di lenta remissione. La FIG 2 fa vedere la situazione attuale, in Italia. E’ una panoramica dei parametri più significativi. Sono numeri ben conosciuti, ma su cui merita soffermarsi[1].

Al 5 giugno, le diagnosi totali di COVID 19 sono 234.531, vale a dire 389 persone per 100.000, o 0,4 persone per 100.  Il numero delle diagnosi totali è uguale alla somma dei numeri riportati nelle altre colonne della tabella, e cioè casi attivi (in cura) + deceduti + guariti.

Diagnosi non significa contagi. Non tutte le persone contagiate vengono identificate e diagnosticate.  E’ importante conoscere quanto sia diverso il numero delle diagnosi dal numero dei contagi. CI possono essere stati soggetti severamente affetti, ma non diagnosticati correttamente, oppure soggetti pauci-asintomatici o asintomatici, che non hanno nemmeno richiamato l’attenzione del medico.

Il problema è che a oggi non conosciamo quanti sono i reali contagi, a fronte delle oltre 234.000 diagnosi di cui parlavo prima. Questo è un problema importante, anche e soprattutto per la fase di riapertura che stiamo attraversando.

L’ altra cosa che notiamo in questa tabella è l’elevata mortalità. Muoiono il 14% delle persone diagnosticate.  

Infine, la tabella mostra il numero dei pazienti attualmente attivi, in cura. La grande maggioranza di questi sono in isolamento al proprio domicilio (85%), il che suggerisce l’ipotesi che la maggior parte dei pazienti, in questa fase di remissione dell’epidemia, sia pauci-sintomatica, con forme meno gravi di malattia e gestibile a domicilio. Non era questo il quadro che ha caratterizzato la fase iniziale della epidemia.

La FIG 2 lascia aperte tre domande:  

1.   che rapporto c’è tra casi diagnosticati e numero reale dei contagi?

2.   perché la mortalità è così elevata?

3.   come si spiega l’apparente attuale minor aggressività della malattia rispetto alle prime fasi dell’epidemia?

Cercheremo per quanto possibile delle risposte a queste domande proseguendo in questo report.



[1] Quando non diversamente indicato, i dati elaborati sono quelli ufficiali forniti sul sito della Protezione Civile 

FIG 3 I nuovi casi nell'ultima settimana in Italia 326 nuovi casi al giorno in media nell'ultima settimana in Italia, calano i pazienti attuali

La FIG 3 mostra quello che è successo in Italia nell’ultima settimana esaminata. In questo caso sono rappresentati i nuovi casi di COVID 19 che ogni giorno vengono diagnosticati. Ci sono stati ancora 326 nuovi casi al giorno, in media, in Italia in quella settimana, indicando la permanenza di una discreta circolazione virale. Continuano contemporaneamente ogni giorno a diminuire i casi attivi in cura.

 

LA CURVA EPIDEMICA IN ITALIA

Diamo adesso un’occhiata a come siamo arrivati a questa situazione con la FIG 4

In questa figura, la curva blu mostra i nuovi casi giornalieri lungo tutto il decorso dell’epidemia da fine febbraio.

FIG 4 L' epidemia da fine febbraio al 9 giugno Picco dei nuovi casi il 21 marzo. La velocità del declino mostra un rallentamento recente

Nella figura 4 si vedono le 2 fasi dell’epidemia, quella dell’espansione, che tutti noi abbiamo vissuto come un incubo, e quella successiva, della remissione graduale, che stiamo tuttoggi vivendo.  

Il picco è stato il 21 marzo, con oltre 6000 nuovi casi al giorno, dopo un’ascesa assai ripida delle nuove diagnosi giornaliere, che avrebbe potuto portarci rapidamente a 12000 o 24000 casi giornalieri se non si fosse intervenuti con il lockdown.

Dopo il picco, la discesa è stata graduale, deludendo chi si aspettava un crollo rapido delle nuove diagnosi. La discesa della curva ha un andamento piuttosto lineare fino a inizio maggio, quando rallenta appiattendosi, suggerendo così che una certa circolazione virale sia destinata a durare ancora per qualche mese.

Perché la curva ha cambiato pendenza appiattendosi? A mio avviso è cambiato qualcosa che ha rallentato la discesa della curva (le riaperture di inizio maggio?). La circolazione virale probabilmente continuerà a rallentare anche in questa fase, ma in proporzione a quanto virus è in circolazione, e non secondo un numero assoluto costante (cioè, per esempio, diminuisce ogni settimana di n% del valore precedente, e non  di n casi in valore assoluto).

Nella FIG 4 è riportata anche la mortalità, in % sulle diagnosi. La mortalità ha il picco circa una settimana dopo il picco dei nuovi casi.

Intorno al 20 aprile vediamo quel momento che fu da tutti festeggiato, in cui per la prima volta i casi attivi si riducevano in numeri assoluti (cioè la variazione giornaliera dei casi attivi diventò negativa), grazie soprattutto all’ aumento delle guarigioni, liberando così per la prima volata posti letto nei reparti ospedalieri.

FIG 5 Casi cumulativi in Italia fino al 9 giugno Casi cumulativi, totali, attuali ed in isolamento domiciliare in Italia fino al 9 giugno

La FIG 5 fa vedere l’accumulo progressivo dei casi nel tempo e riconferma di nuovo come il carico dei pazienti in cura, attivi, diminuisca nel tempo e sia composto sempre più da pazienti in isolamento domiciliare.

 

INCIDENZA DEI CONTAGI NELLA POPOLAZIONE GENERALE

Finita questa carrellata sulla storia dell’epidemia, riportiamo la nostra attenzione sulle domande che ci siamo poste prima, cominciando da questa: se ci sono state 234.000 e più diagnosi in Italia, quanti di più saranno stati i contagiati effettivi?

Questo non lo sappiamo.

Guardiamo allora cosa sappiamo e cosa possiamo estrapolare da quello che sappiamo in proposito.

Lo studio di Vo’ (l’ unico studio epidemiologico di popolazione di cui disponiamo, condotto nelle prime fasi dell’epidemia a Vo’, un piccolo comune del Veneto, da Andrea Crisanti e collaboratori, che hanno fatto il tampone a tutti gli abitanti di Vo’) indica in 2.6% e 1.2% la prevalenza dell’infezione nella popolazione generale: il 2.6% in fase crescente dell’epidemia e l’1.2% in fase di remissione, dopo il lockdown.

https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.04.17.20053157v1.full.pdf

Questi dati sono coerenti con quello che si vede con i tamponi in Italia. La % di positività dei tamponi, assai alta nelle prime fasi dell’epidemia (fino al 23% sul territorio nazionale), è scesa ormai stabilmente intorno all’ 1%. Questo vuol dire che nella popolazione tamponata (casi sospetti, contatti, persone che hanno accesso a strutture sanitarie o produttive) si trova poco più di un soggetto contagiato su 100 esaminati.

Estrapolando il dato all’Italia, possiamo aspettarci che attualmente ci siano 600.000 persone che sono contagiate e non lo sanno. E’ probabile che questa sia una sovrastima, e che le persone contagiate in Italia in questo momento siano un numero NON SUPERIORE E ANZI SENSIBILMENTE MINORE di 600.000.   

 

SUSCETTIBILITA’ ALL’INFEZIONE E RISCHIO DI ANDARE INCONTRO A MANIFESTAZIONI SEVERE: LA VARIABILE ETA’  

Parliamo ora della suscettibilità all’ infezione, che è cosa diversa dal rischio di sviluppare forme severe di malattia

A Vo’ nessuno sotto i 10 anni è stato trovato contagiato, mentre le % di contagio vanno dal 3.7 al 6% nelle fasce di età sopra 50 anni. Valori intermedi sono stati trovati nelle classi di età intermedie.

Questo studio è particolarmente significativo, perché è stato condotto sulla popolazione generale del Comune di Vo’, rilevando così anche l’elevato numero di soggetti asintomatici (oltre il 40% dei soggetti positivi era asintomatico in questo studio!).  Gli asintomatici sfuggono negli studi epidemiologici che rilevano esclusivamente la frequenza nella popolazione dei soggetti diagnosticati.

Se a Vo’ non c’erano soggetti infettati sotto i 10 anni, non si deve pensare che questa sia una regola generale. I bambini e i giovani possono essere contagiati in situazioni in cui la diffusione del virus sia molto elevata, tanto da superare così anche la relativamente bassa suscettibilità all’ infezione della loro età.

In uno studio USA, dalla linea del fronte, e in un altro report, che tra l’altro mette a confronto il COVID 19 per classi di età in Italia e in Corea del Sud, c’erano significative percentuali di contagio/malattia tra i bambini sotto i 5 anni (a New York) o nei ventenni (in Corea del Sud) (FIG 6).

A marzo nello stato di New York, al di fuori di New York City, i test condotti tra i 498 familiari e contatti di soggetti positivi mostravano una prevalenza di contagiati del 38 (23% tra quelli con meno di 5 anni e 68% tra quelli di 65+ anni). 

Anche i dati di Germania e Italia, sui soggetti diagnosticati, mostrano una analoga tendenza, con una presenza molto limitata di casi nelle classi di età sotto i 10/18 anni.

FIG 6 Infezione ed età in Italia e Corea del Sud I bambini ed i giovani hanno una bassa suscettibilità all' infezione ma non sono a rischio 0
FIG 7 COVID 19 e decessi per classe di età Con l’età aumenta il rischio di ammalarsi e quello di andare incontro a forme severe del COVID 19

La FIG 7 mostra la distribuzione per età delle diagnosi di COVID 19 in Italia, e anche la mortalità (decessi/diagnosi) per classe di età, dimostrando che con l’età aumenta sia il rischio di ammalarsi che il rischio di morire a causa della malattia, e quindi di andare incontro a forme severe del COVID 19.  

Non c’è una spiegazione certa della evidente protezione di cui godono i bambini nei confronti del rischio di essere infettati da Sars - CoV2 o di ammalarsi in seguito al contagio. 

Alcune spiegazioni che fanno riferimento alla diversa espressione di ACE2 nei tessuti sono ancora lacunose, soprattutto perché non abbiamo un quadro chiaro di come varia con l’età l’espressione (e l’attività enzimatica) di ACE2.  

Occorre anche ricordarsi che ACE2 è un enzima, e che, mentre il suo funzionamento come porta di ingresso del virus nell’ organismo è correlato all’ espressione della proteina, la sua attività protettiva vasodilatatrice e anti-infiammatoria è correlata anche all’ efficenza del sito enzimatico attivo. Così l’effetto finale (infezione, malattia) dipenderà da carica/aggressività virale, proporzione di ACE2 inattivata dall’ aggressione virale e efficienza enzimatica della proporzione di ACE rimasta non distrutta dall’inattivazione virale. 

Un approccio completamente diverso sostiene che è nel sistema immunitario dei bambini la chiave per combattere il virus    

Carsetti R, Quintarelli C, et al. The immune system of children: the key to understanding SARS-CoV-2 susceptibility? Lancet Child Adolesc Health 2020 May 6. 

Il sistema immunitario dei bambini ha caratteristiche peculiari che lo rendono particolarmente efficiente nel combattere microrganismi patogeni mai incontrati prima. 

Il virus SARS-CoV2 infetta anche i bambini, ma i casi pediatrici confermati presentano forme lievi di COVID-19, le forme gravi sono rare.  

I bambini sono in grado di produrre rapidamente anticorpi IgM a bassa affinità, che reagiscono con molti antigeni e che fungono da prima linea di difesa nelle due settimane necessarie per la produzione di anticorpi ad alta affinità e per la generazione di cellule B della memoria.

Dati preliminari di uno studio prospettico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma evidenziano, nei bambini con COVID-19, una risposta precoce di cellule B che danno origine a plasmablasti e produzione di IgM.

Questa risposta non è osservata negli adulti con malattia severa, che hanno una deplezione del compartimento delle cellule B.

Le cellule B producono IL-10, una potente citochina anti-infiammatoria: la risposta immunitaria dei bambini, oltre a eliminare il virus, potrebbe proteggere dal danno tissutale immuno-mediato.


SUSCETTIBILITA’ ALL’INFEZIONE E RISCHIO DI ANDARE INCONTRO A MANIFESTAZIONI SEVERE: LA VARIABILE SESSO

Un importante studio che ha raccolto casistiche da diversi paesi europei ha mostrato con chiarezza che i fattori che determinano la suscettibilità ad infettarsi/ammalarsi non sono legati al sesso, a differenza di quelli che determinano la severità di malattia. I maschi infatti  mostrano un rischio decisamente maggiore di sviluppare forme severe di malattia, o di andare incontro a morte (FIG 8a).

FIG 8a Sesso e suscettibilità ad ammalarsi. Il sesso non è fattore di rischio per la malattia, ma lo è per le forme severe e per il decesso.

Inoltre, in questo studio si vede anche che la suscettibilità dei maschi per le forme severe di malattia è maggiore di quella delle femmine a tutte le età. In particolare, il rischio di morire per COVID 19 nei maschi sotto i 70 anni è più di 2 volte maggiore di quelle delle donne di corrispondente età (FIG 8b).  Lo svantaggio dei maschi resta, ma si riduce di entità, nelle età maggiori di 70 anni.

FIG 8b Sesso, età e severità di malattia I maschi muoiono più delle donne per COVID 19 a tutte le età, ma specie prima dei 70 anni

PERCHE’ LA MORTALITA’ E’ ELEVATA IN ITALIA E PERCHE’ LA MALATTIA HA ASSUNTO NEL TEMPO UNA FACCIA MENO AGGRESSIVA?

Il tasso di mortalità continua a crescere dopo il picco dell’epidemia del 21 marzo

Tende a stabilizzarsi intorno al 14% dei casi diagnosticati solo dopo il 4-5 aprile, in concomitanza con il deciso calo della pressione epidemica e del sovraccarico ospedaliero.

Il dato riportato nella FIG 9, ricavato dai dati della Protezione Civile, in realtà sottostima la mortalità per COVID 19.

FIG 9 Curva della mortalità in Italia Il tasso di mortalità cresce ancora dopo il picco del 21 marzo per stabilizzarsi intorno al 14%

Uno studio ISS/ISTAT segnala che a marzo 2020 ci sono stati molti più decessi di quanti attesi dalla media dei 5 anni precedenti: +49%, e di quanti spiegati dalle morti per COVID 19 certificate (circa 26.000 decessi in più di quanto atteso vs circa 16.000 morti COVID 19 dal 20 febbraio al 31 marzo). Questo incremento rispetto alle morti attese è quasi interamente dovuto alle regioni del Nord.

Lo studio ISS/ISTAT documenta che, con ogni verosimiglianza, molti soggetti, specie al nord, nel mese di marzo sono deceduti a causa dell’epidemia, ma senza che questo fatto venisse certificato nella loro causa di morte.

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/pdf/Rapp_Istat_Iss_3Giugno.pdf

Una mortalità del 14% a livello nazionale è un tasso molto elevato. Un confronto con i tassi di mortalità di altri paesi europei e degli USA si può fare facilmente su diversi siti tra cui:

https://coronavirus.jhu.edu/data/mortality

La Fig.10 presenta appunto dati e grafici del sito della John Hopkins University.

FIG 10 Europa ed Usa mortalità 31 maggio Paesi con diffusione epidemica analoga come Italia e Germania mostrano mortalità molto diverse

Il tasso di mortalità è presumibilmente correlato alla diffusione della malattia in una certa comunità, una regione o uno stato. 

Stati o Regioni con una bassissima diffusione virale avranno probabilmente mortalità molto basse. Ma  in paesi dove la circolazione virale è elevata e il numero totale di contagi è alto, molti altri fattori possono intervenire a determinare il tasso di mortalità. 

Può accadere così che paesi con diffusione simile dell’epidemia (sia come numero totale di diagnosi sia come numero di diagnosi per 100.000 ab) abbiano tassi di mortalità molto diversi. 

E’ quello che accade ad esempio, stando ai dati ufficiali, confrontando l’Italia (mortalità del 14%) con la Germania o gli USA (mortalità rispettivamente inferiore del 5% e del 6%).

Un fattore che incide sul tasso di mortalità è, per esempio, l’età media dei casi diagnosticati che al 31 maggio era di 50 anni in Germania contro 62 anni in Italia. Questa differenza è importante. Ad es. in Italia il tasso di mortalità dei cinquantenni è 2.7% mentre quello dei sessantenni è 10.6%!

Schematizzando, i fattori che possono essere implicati nel determinare la severità di malattia nei singoli individui e quindi il tasso di mortalità nella popolazione sono diversi tra cui:

Legati al virus

  • Carica virale/diffusione del virus nella popolazione
  • Virulenza del ceppo virale

Legati all’ ospite

  • Età/Sesso
  • Co-morbidità acuta e cronica (in primis patologia respiratoria e cardiocircolatoria)
  • Ipertensione arteriosa

Legati all’ intervento sanitario

  • Sovraccarico strutture ospedaliere
  • Precocità e correttezza diagnosi e terapie anche a livello territoriale (accertare la diagnosi precocemente nei sospetti e trattare precocemente i casi con diagnosi accertata)

DIFFERENTI REGIONI DIFFERENTI EPIDEMIE

Un’ottima sintesi delle differenze tra le regioni è rappresentata nella FIG 11, la cui fonte è ancora l’Istituto Superiore di Sanità.

Le Province italiane sono divise in tre fasce, ad alta, media e bassa circolazione virale, e nella figura sono riportati i nuovi casi diagnosticati ogni giorno nelle tre fasce. E’ evidente come la maggior parte del carico epidemico si è concentrato nelle province ad alta circolazione virale (41, in gran parte dell’Italia settentrionale).

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/pdf/Rapp_Istat_Iss_3Giugno.pdf 

Uno sguardo più ravvicinato al periodo 24 maggio – 5 giugno ci fa vedere come i nuovi casi giornalieri che ancora sono segnalati a livello nazionale hanno un andamento temporale che riproduce perfettamente le segnalazioni della Lombardia. In tutte le altre regioni c’è una netta tendenza del grafico ad appiattirsi su valori molto bassi di nuovi casi giornalieri (FIG 12), con una eccezione relativa rappresentata dal Piemonte. 

FIG 11 Circolazione virale nelle Province italiane Le 41 province ad alta circolazione virale sono per lo più nel Nord Italia
FIG 12 COVID 19: nuovi casi al giorno per Regione Le curve di nuovi casi giornalieri, nazionali e lombardi, mostrano lo stesso profilo temporale

I dati regionali sono riportati in dettaglio nella FIG 13.

Le Regioni sono ordinate in base alla prevalenza nella popolazione delle diagnosi di COVID 19, che è confrontata anche con il dato nazionale.

Si possono vedere anche le importanti differenze tra i tassi regionali di mortalità che vanno dal 5.28 del Molise al 18.04 della Lombardia.

Esiste come atteso una correlazione tra tassi di mortalità e diffusione dell’epidemia (sia come prevalenza di diagnosi per 100.000 ab che come numero assoluto di diagnosi), ma questa correlazione è debole.

Una correlazione più forte si trova un po' inaspettatamente tra tasso di mortalità e positività dei tamponi. Questo dato potrebbe significare che la positività dei tamponi è la migliore misura che abbiamo oggi, seppure indiretta e imprecisa, della diffusione dell’epidemia nella popolazione.

FIG 13 I dati regionali dell'epidemia in dettaglio Le Regioni sono ordinate in base alla prevalenza nella popolazione delle diagnosi di COVID 19

In Toscana sono stati riscontrati all’ 8 giugno 10.144 casi di COVID 19, con una prevalenza di 272 per 100.000 ab, o lo 0.3% della popolazione. 

 L’ età mediana dei casi diagnosticati è 59 anni (non riportata nelle fonti ufficiali della Regione l’età media).

I deceduti sono stati 1.073, con un tasso di mortalità dell’11%, che è molto vicino a quello nazionale della classe d’età dei sessantenni.

Il 90% dei casi attuali (in cura) sono in isolamento domiciliare.

 

UNO SGUARDO FUORI DALL’ITALIA

L’ epidemia COVID 19 sta interessando tutte le aree geografiche del mondo

Molti stati europei hanno avuto una circolazione elevata del virus, che espressa in numero di diagnosi per 100.000 ab. va, ad es., dai 188 casi per 100.000 ab in Austria ai 510 casi per 100.000 ab in Spagna (FIG 14)

https://covid19.who.int/

L’ Italia come abbiamo visto all’ 8 giugno è a 385 casi per 100.000 ab. 

FIG 14 Il COVID 19 in Europa ed USA Molti stati europei hanno avuto una circolazione elevata del virus. Ma con eccezioni come la Grecia.

E’ interessante osservare che ci sono comunque alcuni paesi che il virus quasi non l’hanno visto, come la Grecia con 27 casi e la Bulgaria con 36 casi per 100.000 ab.

Anche tra i paesi del nostro continente dunque, come già abbiamo visto tra le Regioni Italiane, ci sono forti differenze di circolazione del virus.

In Usa la prevalenza è 573 per 100.000 ab.

La mortalità nei paesi esaminati varia tra 4 % e 15%, con l’Italia, come sappiamo, a 14%

Si noti che tutti i tre paesi a bassa circolazione virale (Austria, Bulgaria e Grecia) hanno livelli di mortalità bassi, tra 4% e 6%. Ma livelli di mortalità bassa si trovano anche in paesi dove la circolazione virale è stata molto elevata, come Svizzera, Germania e USA.

Considerando la piccola serie di paesi europei, più gli USA, riportati nella FIG 14, in effetti, si vede che non c’è correlazione tra tasso di mortalità e prevalenza delle diagnosi per 100.000 ab.

In molti dei paesi europei l'epidemia è in fase di discesa, e si osserva quel fenomeno già descritto in Italia, che la velocità di discesa della curva epidemica rallenta verso un declino quasi asintotico, quando la circolazione virale arriva a valori relativamente bassi, diciamo sotto 1.000 nuovi casi al giorno.

Questo fenomeno si può vedere chiaramente nella FIG 15 relativa alla curva dell’epidemia in Spagna.

Nel Regno Unito, dove siamo ancora ad una circolazione virale maggiore, vicina ai 2000 nuovi casi giornalieri, la curva scende gradualmente ma in maniera apparentemente più lineare.

Se l’epidemia presenta curve in discesa in Europa, in realtà in tutte le altre aree del globo la pandemia è drammaticamente in espansione, come è ben rappresentato nella Fig. 16 che è di fonte OMS.

https://covid19.who.int/ 

FIG 15 Le curve epidemiche in Spagna e UK Come in Italia, anche in Spagna la velocità di discesa tende a rallentare: effetto delle riaperture?
OMS: uno sguardo alla pandemia La pandemia è in crescita in ogni area del mondo fuori dell'Europa

LA FASE TRE

La pandemia in Italia è in fase di contenimento, ma la curva lascia supporre un lento scivolare verso lo 0 che potrebbe tardare ad arrivare, anche di diversi mesi.

In Italia abbiamo avuto oltre 230.000 diagnosi di COVID 19, di cui più di 90.000 in Lombardia. Riportati alla popolazione generale, si tratta dello 0.4% degli italiani e dello 0.9% dei Lombardi.

In mancanza di dati attendibili sulla diffusione del virus nella popolazione generale, possiamo ipotizzare, traendo spunto dalle percentuali di positività dei tamponi, una circolazione del virus in Italia non superiore all’ 1% delle persone, con una circolazione in Lombardia che è almeno tre volte quella nel resto d’ Italia.

Tanto per fare un esempio, se questi valori fossero 0.5% per l’Italia e 1,5% per la Lombardia, ci potrebbero essere 300.000 italiani e 150.000 lombardi con l’infezione in atto non ancora diagnosticati.

E’ un dato del tutto ipotetico, ma che continua a giustificare indagini epidemiologiche di popolazione.

In condizioni del genere è giustificata la riapertura, ma è quasi certo che se non si prestano le dovute attenzioni ricompariranno dei focolai infettivi, in particolare nel caso di assembramenti o nel caso di massicci spostamenti, ad es turistici.

Eventuali focolai in fase di remissione dell’epidemia potrebbero esser caratterizzati da pazienti con quadri clinici minori, ma resta la importanza di una diagnosi rapida e certa da parte di un’ azione di sanità pubblica mirata nel territorio, per evitare il rischio di una nuova fase crescente dell’epidemia.  

Una politica attendista, lasciando i malati e i sospetti nelle loro case, nell’ incertezza di una diagnosi certa, con la preoccupazione di essere focolai di contagio per i familiari, e senza quei trattamenti precoci che potrebbero cambiare il decorso della malattia, una politica di questo tipo sarebbe imperdonabile ed irresponsabile, e probabilmente incapace di prevenire una nuova ondata di contagi.

Alcuni elementi chiave per la Fase Tre dal punto di vista sanitario sono: 

  • MEDICINA DI TERRITORIO 
  • TEST PER SIERODIAGNOSI AFFIDABILI: MANCA CHIAREZZA E TRASPARENZA NELLA COMUNICAZIONE 
  • App. IMMUNI 
  • LA PREDISPOSIZIONE DI PERCORSI DIFFERENZIATI NELLE STRUTTURE SANITARIE PER I MALATI COVID E PER TUTTI GLI ALTRI (che non possono restare a casa, nell’ ansia e trascurando le proprie condizioni di salute). 
  • La VACCINAZIONE ANTIINFLUENZALE DOPO L’ESTATE 

Ritornerà l’epidemia COVID 19? 

Ci sono molti elementi di rischio per questo. Comunque dovremo essere pronti. 

Nel resto del mondo, ci sono paesi che il virus non l’hanno neanche visto, ma ci sono intere aree come l’America del nord e del sud e il Medio-Oriente, dove la pandemia è in massiccia espansione.  

Al livello globale la pandemia è ancora in fase di espansione. Il pericolo, anche per una riaccensione dell’epidemia in Italia, potrebbe arrivare da lì. 

Protocolli differenziati di aperture con il resto del mondo potrebbero essere giustificati, oltre alle usuali misure di distanziamento sociale.